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Doyle, il cane simbolo della redenzione

L’unica cosa che ha fatto di buono Montgomery Brogan nella propria vita è stata salvare la vita a Doyle. Un atto simbolico e salvifico ridonda ogni qual volta egli inizia a pensare alle sue ultime disperate 24 ore che precedono la detenzione nel carcere di Otisville.

In quel penitenziario dovrà scontare una pena di 7 anni, un periodo lungo, troppo lungo, probabilmente mortale. In antitesi a questo inesorabile destino si pone quello che diverrà l’amico più caro e fidato di Monty, ossia Doyle.

Brogan salva Doyle

montgomery e doyle la 25a oraNo, contrariamente a quanto si possa immaginare non si tratta di un uomo ma di un quadrupede, nella fattispecie un cane. Il futuro carcerato vi si imbatte in una notte come tante mentre è impegnato a recarsi a una riunione d’affari, anzi malaffari. Lo intravede dalla macchina e decide – in conflitto con il parere del suo compare russo – di fermarsi perché quella creatura ferita, quasi esanime sul marciapiede, non lo lascia indifferente.

Si ipotizza che Doyle, incrocio fra un bastardino e un pitbull, sia stato picchiato e lasciato lì come punizione per aver perso un combattimento clandestino. L’essere umano sa essere spietato e lurido nella condotta, una constatazione che Monty si ritrova a fare ogni giorno pur appartenendo lui stesso a quel mondo malsano, imbrattato e corrotto dalla polvere bianca che è abituato a spacciare per amore dei soldi e della bella vita.

Ora, però, qualcosa è cambiato con quel trovatello bianco e nero, che racchiude in sé gli opposti yin e yang, nero e bianco, male e bene, dicotomia che l’animale esprime con un ringhio di diffidenza tale da farsi prendere a fatica dal suo salvatore, segno che la ribellione è viva nel reietto pulcioso.

Un legame indissolubile

Doyle dà nuovo impulso all’esistenza di Montgomery perché infonde in lui il concetto interagente di redenzione, così pressante da creare un legame semplicemente indissolubile fra l’uomo e l’amico canide. Nel ritratto copertina del libro La 25a ora di David Benioff, romanzo trasposto sul grande schermo da Spike Lee nel suo film del 2002, impressiona la coppia a spasso per la Grande Mela, una fotografia cartolina ideale per inneggiare all’amore fraterno fra due specie così diverse eppure inseparabili.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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