assalto alla diligenza in ombre rosse, di john ford
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L’assalto alla diligenza

Da “Ombre rosse” di John Ford, 1939

Ombre rosse, appunto. E in effetti di ombre si tratta, per il regista che ha portato il genere western al suo massimo splendore. Stiamo parlando di John Ford, naturalmente, e della sua pellicola capolavoro. I pellerossa in questo film non ci sono. O meglio ci sono, ma è come se non ci fossero. Il loro ruolo è soltanto ostruttivo e procura la reazione immediata degli uomini bianchi, che possono mettere in luce così il loro coraggio, il loro eroismo e, perché no, il loro diritto di esistere.

Ai poveri nativi americani non viene tributato neppure quel poco di onore che solitamente si tributa ai vinti in ogni gara che si rispetti. Eppure, non bisogna essere rigidi con Ford, rischieremmo di fraintendere le sue intenzioni. Ciò che va rilevato è innanzitutto lo spirito con cui i suoi personaggi si lanciano all’azione.

E’ nell’ebbrezza di un popolo giovane, audace, che rincorre il suo ideale di dominio e di benessere, e che lo fa innocentemente, senza dubbi e senza morsi di coscienza; lo fa perché crede che sia giusto e basta. È proprio questa sorta di spensieratezza che ha sempre coinvolto e affascinato il grande pubblico e che ha segnato la sua grandezza.

Una rappresentazione della società americana

assalto alla diligenza in ombre rosse, di john fordEppure anche qui, in questo grande affresco pieno di luce solare, ci sono le ombre di una critica attenta, mordace, a volte addirittura crudele. Non potendo operare all’esterno – il mondo esterno, abbiamo detto, non esiste – questa critica si rivolge all’interno, a quel nucleo della società americana che qui si trova magnificamente rappresentata nel piccolo gruppo di avventurieri che attraversa la Monument Valley.

Esso riassume e condensa, infatti, tutti i pregi e i difetti del popolo americano e non solo delle origini. Troviamo infatti, accanto al banchiere corrotto e al rappresentante di liquori, al giocatore d’azzardo e a una ricca signora, tre vittime del perbenismo e di certa ipocrisia puritana, ancora oggi radicata nella cultura e nelle istituzioni.

I tre sono Ringo, il fuorilegge gentiluomo appena evaso di prigione, Dallas, la prostituta vessata da tutti e infine il medico Boone, che risolve nell’alcool ogni suo grattacapo. Dall’incontro-scontro fra tutti questi personaggi, o meglio fra tutte queste mentalità, modi di vivere e opinioni, nasce quella che poi sarà in definitiva la nazione, non qualcosa di unitario, cioè, ma di aperto e problematico.

Assalto alla diligenza: la guerra come risoluzione dei conflitti

Esiste però un preciso momento, nel film, in cui tutti i componenti riacquistano una certa armonia. Le forze di tutti si uniscono e le volontà diventano una cosa sola: è il momento dell’assalto alla diligenza, passato alla storia per la magnifica sequenza girata all’aperto, con le cineprese piazzate su automobili in corsa. In questa scena, celeberrima, i pellerossa piombano addosso alla piccola carovana con l’intento di aggredire e uccidere tutti i suoi passeggeri.

Due di essi, infatti, muoiono. Gli altri riescono a resistere eroicamente, finché un reparto dell’esercito americano non arriva in loro soccorso, capovolgendo le sorti del conflitto. La scena è nota e non vi ci soffermeremo. Rifletteremo invece su una cosa, e il lettore attento l’avrà già intuito. Ancora una volta è stata una guerra a risolvere i conflitti all’interno di un gruppo. Se poi il gruppo, come in questo caso, rappresenta un’intera nazione, allora il passo è breve. L’imperialismo risulta un sedativo potente, lenisce le ferite, calma il dolore.

Intuizione o profezia?

L’aggressività verso l’esterno è sempre frutto di conflitti irrisolti, in special modo, poi, se il nemico è ininfluente, banale, privo di qualsiasi interesse. Un’ombra rossa, ad esempio. Intuizione o profezia? Certo è che Ford, nello scavare nelle origini della sua nazione, ne ha cavato fuori anche il futuro, anzi il presente, se lo rapportiamo a noi. Sono i miracoli del cinema.

Guarda la scena

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