Se è vero che il successo dell’uomo maturo deriva dalla sua storia personale, per comprendere la grandezza di Toni Servillo bisogna partire da Napoli e dalla linfa del suo grande vulcano. La fertile patria del nostro artista è stata la “grande madre” di illustri geni creativi.
I ricordi corrono all’immagine e all’eredità dell’eccezionale Eduardo De Filippo, uomo consapevole di avere ricavato dalla propria nascita partenopea una grande fortuna. Napoli offre, infatti, ai suoi “figli” una sterminata e indelebile tradizione drammaturgica.
Napoli enciclopedia dell’attore
Se per Eduardo la tradizione è «la vita che continua», la carriera di Toni Servillo è interamente tesa al recupero dei «germi vitali di quella tradizione», non per fossilizzarli, ma per riproporli. È lo stesso attore a parlare della sua città:
«Napoli, dal punto di vista antropologico, è una miniera, se si riflette su uno dei principi base cui deve rifarsi un attore, quello cioè di sviluppare un’acutissima capacità percettiva e una profonda capacità di osservazione della realtà.
Più la realtà è varia e multiforme, più esistono elementi da cui trarre ispirazione per un attore. A Napoli si ha a disposizione un’enciclopedia di gesti, di reazioni, di controscene; questo si può osservare nella vita di tutti i giorni, assicuro che è così».
Toni Servillo dal teatro al cinema
È da questa vita osservata e vissuta che inizia la sua carriera artistica, completa e ineccepibile. Si tratta di un’origine teatrale, destinata ad approdare al cinema. Nel 1992 assistiamo alla prima di Morte di un matematico napoletano, dove Servillo interpreta un ruolo secondario in una pellicola pienamente girata intorno al protagonista.
Numerosi saranno i successi del nostro attore, le sue interpretazioni, i suoi lavori e le sue “indagini umane“. La sintesi di teatro e cinema è chiaramente visibile in Teatro di guerra, produzione tratta dall’immortale drammaturgia I sette contro Tebe.
La collaborazione con Paolo Sorrentino
Dalla collaborazione con Mario Martone, l’artista passerà a quella con Paolo Sorrentino. L’incontro fra i due fu di primaria importanza tanto che il cineasta, nel suo primo lungometraggio L’uomo in più, riserva già a Toni il ruolo di protagonista, affidando peraltro la colonna sonora al fratello Peppe Servillo.
Il 2004 è l’anno del grande e pluripremiato Le conseguenze dell’amore (vi recita anche Manuela Lamanna, moglie dell’attore e tassello fondamentale della sua vita privata), interamente concentrato sul solitario e misterioso protagonista.
Popolarità e acclamazione attendono Servillo al varco: nel 2008 arrivano i successi di Gomorra (Matteo Garrone) e de Il Divo (Paolo Sorrentino).
Con queste due pellicole, l’artista metterà al servizio della società, della storia e della cultura la sua strabiliante capacità interpretativa. Nel 2004 Servillo non sa come andrà a finire la sua collaborazione con Sorrentino. I due grandi si ritrovano in La grande bellezza, presentato in concorso al Festival di Cannes nel 2013.
La vita come rappresentazione
Che cosa rimane del vecchio Servillo, dell’originario drammaturgo, del regista di Zingari? «E’ la nostra vita di attori, è il nostro quotidiano affrontato in termini di visionarietà, di alterazione della percezione.
Ho immaginato questo gruppo di zingari come un gruppo di saltimbanchi, gente che fa spettacolo nelle piazze dei paesi o che porta in giro le giostre.
Quello che mi ha affascinato di più è la possibilità di associare all’atmosfera visionaria di Viviani il mondo dell’attore, il suo modo di sentirsi e di vedersi vivere, cioè di immaginare la propria vita come rappresentazione».