bambole e torture
- Horror, Recensioni

La casa delle bambole – Ghostland

la casa delle bambole - ghostland locandina

Titolo originale: Incident in a Ghostland

Regia e sceneggiatura: Pascal Laugier

Cast: Crystal Reed, Taylor Hickson, Rob Archer

Musiche: Todd Bryanton

Produzione: Francia, Canada 2018

Genere: Horror

Durata: 90 minuti

midnight factory logo

 

una nuova casa  l'intruso in casa  bambole e torture

 

Regia: stellastellastellastella

Interpretazione: stellastellastellastellastella

Sceneggiatura: stellastellastellastella

Musica: stellastellastella

Giudizio: stellastellastellastella

 

Trama

Due sorelle molto diverse, Beth (Crystal Reed) e Vera (Anastasia Phillips), viaggiano con la madre verso la casa di una vecchia zia.  Arrivate nella dimora, però, vengono intrappolate da due maniaci ossessionati dalle bambole. Reagendo con espedienti opposti, le due ragazze tentano di sopravvivere in questo terribile incubo.

Recensione

Al confine tra l’horror e il dramma psicologico, La casa delle bambole – Ghostland di Pascal Laugier è un gioco. Proprio come le due ragazze protagoniste Beth e Vera vengono manipolate dai loro misteriosi aguzzini, lo stesso accade agli elementi fondanti del genere.

Sin dall’apertura, con la dedica al maestro Lovecraft su sfondo nero, il film si tinge immediatamente delle fosche tinte dell’horror. Allora udiamo la voce fuori campo di Beth, la sorella più giovane, che narra una cupa storia di paura. Si tratta però solo di un racconto, un’ingannevole finzione.

Il confine tra ciò che è reale e ciò che solo una storia tuttavia è molto più labile. Il regista di Martyrs cerca di sottolinearlo in ogni scena del film, trasportando le sue bambole in un miscuglio di piani senza nitidezza. In parallelo alla realtà cruda e immobile, dove a farla da padrone è la perversione, tutta umana, dei due rapitori ossessionati dalle bambole, il regista costruisce un mondo opposto: l’universo patinato e felice di Beth.

Come da stereotipo horror, è la ragazza apparentemente più debole che ha trovato la rivalsa sulla sorella invidiosa. È diventata una scrittrice affermata, ha una famiglia perfetta e ha relegato il trauma in un bestseller  pubblicizzato in tv. Il copione a questo punto vorrebbe che la nostra eroina, tormentata dai fantasmi del passato, torni ad affrontarli per un pretesto. Questo effettivamente è quello che Laugier ci fa credere, narrandoci il ritorno di Beth da una madre forte e da una sorella pazza.

Tuttavia, dialoghi artefatti e situazioni un po’ troppo patetizzate iniziano a scostare il velo dell’apparente normalità. Potrebbe trattarsi degli indizi scontati di un banale film horror, invece è l’ennesimo tradimento: con un montaggio frenetico e una serie di soggettive sporche veniamo strappati dal sogno. Beth attraversa (fisicamente e simbolicamente) lo specchio che divide il vero dal falso e viene riconsegnata alla dimensione presente, nella quale è ancora imprigionata insieme alla sorella nella casa delle bambole.

Dolci carrellate sui muri del nascondiglio delle due sorelle ricostruiscono con ritratti e immagini la vita-sogno (o autentica terra di fantasmi, ghostland) di Beth, l’ennesimo espediente che la ragazza trova per fuggire. Il mondo di simulacri creato dalla protagonista ha però un tratto in comune con la realtà: lei stessa viene difatti trasformata dai suoi rapitori in un simulacro di essere umano, in una bambola con cui giocare che “non si deve muovere”.

Proprio in questo confronto Beth trova il coraggio di reagire e di diventare la protagonista di uno dei suoi spaventosi racconti, non più la spettatrice. Se nella prima parte del film la ragazza è protetta, prima dalla madre poi dalla sorella, verso la fine riesce a ribaltare la sua condizione, si libera definitivamente dallo status di bambola.

È questo forse il messaggio che si cela nella livida storia? La violenza non estetizzata e l’approfondimento psicologico sono una costante nella filmografia di Laugier. Anche La casa delle bambole – Ghostland non fa eccezione. Tuttavia, queste componenti riescono a rafforzarsi a vicenda senza scadere quasi mai nel banale.

Lo stesso vale per le prospettive della macchina da presa, che oscilla tra l’immedesimazione in soggettiva e movimenti misurati, pur nell’infuriare dell’azione. Persino i meccanismi più abusati dell’horror trovano un loro spazio interessante. Il risultato è un gioco, il rimescolarsi continuo delle carte del genere, che da vita a una nuova partita.

Curiosità

la ragazza e la bambolaPer il lancio promozionale del film, a Roma è stato organizzato uno scherzo nel quale degli attori truccati come bambole se ne andavano in giro per la città a spaventare i passanti.

Giorgia Colucci

Classe 1998, inguaribile sognatrice e amante dell’arte in ogni sua forma. Laureata in Comunicazione Media e Pubblicità presso l'Università IULM di Milano, dopo il doploma al liceo classico, lavoro come giornalista sportiva, di spettacolo e di cronaca. Racconto la musica in radio per passione e nel tempo libero tento di ritrovare nel mondo quella bellezza descritta sui libri. Il cinema è per me complementare alla lettura. È un'espressione raffinata del nostro mondo intrinseco, il mezzo per fuggire dalla realtà e perdersi semplicemente. Apprezzo ogni genere di film, ma sono innamorata profondamente delle atmosfere talvolta favoleggianti, talvolta cupe di quegli strani anni in cui a popolare il grande schermo erano i miti. Mi emoziono spesso, perciò scrivere, per comprendere e amare, diventa una necessità.
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