Titolo originale: L’amore a domicilio
Regia e sceneggiatura: Emiliano Corapi
Cast: Simone Liberati, Miriam Leone, Fabrizio Rongione
Musiche: Giordano Corapi
Produzione: Italia 2019
Genere: Commedia
Durata: 90 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Abituato a storie fugaci e a tenersi lontano da qualunque relazione impegnativa, il giovane assicuratore Renato (Simone Liberati) è costretto a rivedere seriamente i propri piani quando accetta di dare un passaggio in auto alla bella Anna (Miriam Leone). La ragazza lo coinvolge in un estemporaneo pomeriggio di sesso, confessandogli subito dopo di essere agli arresti domiciliari per due anni.
Il pavido sedotto accetta il gioco del rapporto svincolato dall’amore, ma proprio quest’ultimo pian piano prende piede, dovendo fare i conti con imprevedibili situazioni, l’impermeabilità affettiva di Anna e l’intromissione di un suo ex, il rapinatore Franco (Fabrizio Rongione) fresco fresco di evasione e pronto a mettere a segno il colpo della vita.
Recensione
Quando un incontro ti cambia letteralmente la vita: dovrebbe essere questo l’invisibile sottotitolo del film di Emiliano Corapi, regista e sceneggiatore che ha ben chiaro cosa significa fare cinema ibridando i generi.
Infatti il suo non è una commedia, non è un dramma… semplicemente è figlio di entrambi, brillante comedy-drama che, al pari di un abile prestigiatore, sa mischiare le carte facendo svanire a poco a poco l’ovvio di un gioco intrapreso da sentimento e affetto.
Spesso il destino ha idee limpide che il caso vaglia affidandole a ignari personaggi di uno spettacolo unico e inimitabile, la vita. L’amore a domicilio rivela nel suo scorrere frizzante l’intento cardine, ovvero raccontare prima ancora che un’unione fortuita le singolarità di nette solitudini.
Già, perché Renato e Anna fanno tanta presenza in virtù del loro ruolo di protagonisti, ma è tutt’intorno che gira e soffre un campionario di esistenze deluse in grado, però, di ritrovarsi. Corapi trasforma l’incompatibilità dell’insieme in un concilio in progressione, madri e padri afflitti, amanti sconsolati, Mattia Pascal improvvisati capaci soltanto di scombussolare anziché assestare.
Eppure nel mondo strano e subitaneo costruito nella periferia cittadina non compare nessun minimo estratto di cattiveria. La pellicola tiene fuori dalla porta qualunque forma di violenza o pseudo tale, preferendo sfumare gli estremi a favore della moderazione, un po’ grottesca e kafkiana se vogliamo, ma non dolente.
Le note più marcate dello spartito filmico hanno il sapore melodico della bellezza, quella senza compromessi di Miriam Leone, che esporta un aspetto autobiografico, l’origine catanese. L’ex Miss Italia recita con una naturalezza invidiabile e l’esperienza di certo non manca a un’attrice sempre più nelle grazie dei produttori italiani.
Simone Liberati può ritenersi una novità molto interessante, già visto in azione nell’adrenalinico Suburra di Sollima (era Mirko, lo scaltro braccio destro di Aureliano Adami) e ora chiamato a sostenere una parte in bilico tra ingenuità e illusione.
Insomma, parliamo di una storia d’amore? Di uno svelto trattato di comicità nostrana? O di un dramma esistenziale? No, ci troviamo laddove inizia e si narra una favola metropolitana in cui l’opportunismo e l’autarchia giungono a una risolutiva resa dei conti.
Stravolto il piano di fuga, rimane la consapevolezza di una scelta, la deflagrazione di una scintilla, la chiusura di un cerchio imperfetto privo di tangenti o scorciatoie.
Curiosità
Simone Liberati ha studiato presso la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté.