Titolo originale: Gli equilibristi
Regia: Ivano De Matteo
Sceneggiatura: Ivano De Matteo, Valentina Ferlan
Cast: Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers
Musiche: Francesco Cerasi
Produzione: Italia 2012
Genere: Drammatico
Durata: 100 minuti
Premio Pasinetti a Valerio Mastandrea
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Giudizio:
Trama
La tranquilla esistenza di Giulio (Valerio Mastandrea) subisce una brusca e drammatica svolta quando la moglie Elena (Barbora Bobulova) scopre una sua scappatella e decide di lasciarlo. Lontano dai figli Luca e Camilla (Rosabell Laurenti Sellers), senza più fissa dimora e con gli alimenti da pagare, Giulio si ritrova con il solo stipendio da impiegato comunale a dover sbarcare il lunario e dormire in macchina, sempre più afflitto dall’esilio forzato e ferito nella propria dignità.
Recensione
Prima ancora di eleggere un protagonista, Ivano De Matteo ha scelto una città, Roma, quale contesto urbano prediletto per ambientare non una semplice storia drammatica, bensì una lunga e sofferta parabola socio-esistenziale talmente dilatata da investire, attraverso il singolo, una collettività povera e diffidente.
Se si pensa a un amarcord neorealista accalorato e triste, composto da veri e propri spaccati di vita umile – talvolta tragica e impietosa – come Ladri di biciclette, Umberto D. o Sciuscià, ecco che da questo enorme bagaglio cinematografico emerge un comun denominatore.
Esso rappresenta il principio portante di un filone culturale tutto in bianco e nero del quale un grande film, Gli equilibristi, si nutre con foga quanto un nascituro fa con la madre attraverso il cordone ombelicale: la dignità.
Non è la conquista, ma la solo apparentemente naturale preservazione di essa a scontrarsi con le avversità arrecate dal rapporto conflittuale ed esclusivo fra un nuovo povero, la vecchia classe indigente (e talvolta approfittatrice) e quel colosso fatto di strade, traffico, palazzoni, indifferenza ch’è la Capitale.
Come detto, la prima reale insidia del protagonista Giulio sembra (e in effetti è) la sua città, che impara a osservare, studiare e interpellare da un punto di vista mai affrontato, divenuta prospettiva asservita totalmente alla coercizione.
De Matteo insiste sull’aspetto costrittivo, mettendo in scena una serie di disavventure pronte a investire un uomo qualunque con una progressione feroce che coincide con una rapida, inesorabile discesa agli inferi, dove l’anima afflitta paga per la sua colpa.
L’impressione marcata del regista, tuttavia, non si palesa spietata ma attualizza le difficoltà, scompone gli status quo portando tutti, ma proprio tutti i personaggi sull’orlo della capitolazione senza osare annientarli. Ognuno è in precario equilibrio fra passato e presente, scelte da compiere, atteggiamenti da assumere, piani da attuare.
Nell’intrinseca analisi di una famiglia ordinaria, posta per prima sopra il filo della caducità, l’aspra sceneggiatura di De Matteo e Valentina Ferlan attacca sostanzialmente la certezza come valore assoluto, iniziando lo spettatore alla considerazione dell’imprevisto come variante crudele e probabile.
La direzione sicura dell’autore de Ultimo stadio (2002) e La bella gente (2009) predilige l’effetto emozionale dirompente del primissimo piano entro un montaggio che non intende escludere niente e, anzi, valuta attentamente il sodalizio fra il personaggio agente e lo sfondo.
Straordinaria prova attoriale di Valerio Mastandrea, che mette per una volta in ombra la pur brava Barbora Bobulova ma esalta al contempo i giovani e promettenti gregari Rosabell Laurenti Sellers e Lupo De Matteo, convincenti.
Curiosità
Lupo De Matteo è il figlio del regista Ivano De Matteo