Titolo originale: La Passion de Jeanne d’Arc
Regia: Carl Theodor Dreyer
Sceneggiatura: Carl Theodor Dreyer, Joseph Delteil
Cast: Renée Falconetti, Antonin Artaud, Maurice Schutz
Musiche: Richard Einhorn
Produzione: Francia 1928
Genere: Storico
Durata: 110 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Il 30 maggio 1431 la giovane Giovanna d’Arco (Renée Falconetti) viene processata, condannata come eretica e conseguentemente arsa viva.
Recensione
Tratto dal romanzo Vie de Jeanne d’Arc di Joseph Delteil e basato sugli atti del processo, il film concentra in un’unica giornata, il 30 maggio 1431, il processo e la condanna al rogo della pulzella d’Orléans, interpretata da un’intensa Renée Falconetti, qui alla sua prima apparizione sul grande schermo. Il sonoro era da poco arrivato e l’idea di Dreyer appena giunto in Francia era proprio quella di realizzare un film parlato.
Tuttavia, il regista danese dovette rinunciarvi per la mancanza a Parigi di un teatro di posa attrezzato per la tecnologia sonora. Un inconveniente che si sarebbe rivelato provvidenziale, visto che nessun discorso al mondo avrebbe potuto essere più eloquente dei primissimi piani e dei dettagli di cui il film è ricco.
Considerato l’apice del cinema muto europeo, forse perché presenta elementi di quelle che erano le cinematografie più “artistiche” degli anni ’20 (espressionismo, impressionismo e montaggio sovietico), il film segue cronologicamente lo svolgersi del processo articolandosi in tre parti.
Nella prima parte assistiamo all’insediamento del tribunale, dove il regista si serve abbondantemente delle carrellate per presentare i giudici e mostrare la sala. La scenografia è semplice e austera, con elementi tipici dell’espressionismo, come le due finestre asimmetriche dietro il giudice Cauchon che fanno pensare a certi set del Caligari di Murnau. La seconda parte è quella in cui avvengono il processo, la tortura e la condanna al carcere a vita della povera ragazza.
Qui si è in presenza di un’alternanza ossessiva di primi e primissimi piani che costituiscono lo stile registico di Dreyer e che servono ad assolutizzare l’espressione dell’interiorità dell’attore. Niente sfugge alla cinepresa che scruta i volti, cogliendone ogni ruga, ogni minima espressione. Da una parte c’è il viso candido di Giovanna, spesso ripresa mentre guarda in alto come a indicare che ella ha un rapporto privilegiato con il Cielo, mentre dall’altra ci sono i giudici, con i loro volti scuri e segnati.
Tale contrapposizione è presente anche a livello di inquadrature, le quali rivelano legami con l’impressionismo francese e la scuola del montaggio sovietico. Al primo ci fa pensare il fatto che la protagonista è sempre ripresa dall’alto, dalla prospettiva dei giudici che la interrogano, mentre questi ultimi sono inquadrati dal basso. Si tratta insomma di suggerire il punto di vista dei personaggi, principio cardine del movimento d’avanguardia francese.
L’influenza della scuola del montaggio sovietico è evidente nelle inquadrature oblique e nel montaggio rapido. L’espressionismo, poi, ritorna nella composizione di un’immagine in cui si vede un prelato il cui naso adunco richiama un arco in fondo all’inquadratura (si pensi a una scena di Nosferatu in cui la gobba del Conte Orlock si sovrappone alla curvatura di un passaggio).
La terza parte, infine, è quella in cui Giovanna, dopo aver abiurato, dice di aver mentito solo per salvarsi la vita, venendo così condotta fuori per essere arsa viva. Ciò che caratterizza maggiormente le ultime sequenze del film è una forte analogia tra la vicenda della protagonista e l’ascesa al Calvario di Gesù, si pensi alle donne che piangono ai piedi della pira o alla scritta “idolatra spergiura” inchiodata sulla sommità del palo proprio come la tavola INRI affissa alla croce del Salvatore. Inoltre, anche Giovanna viene sbeffeggiata da dei soldati che le mettono in testa una corona.
Curiosità
Per sostenere la parte, Renée Falconetti non solo fu costretta a rasarsi e a recitare con pesanti catene ai piedi, ma si sottopose anche a un vero salasso.