Titolo originale: The man who knew too much
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: John Michael Hayes
Cast: James Stewart, Doris Day, Bernard Miles
Musiche: Bernard Herrmann
Produzione: USA 1956
Genere: Thriller
Durata: 120 minuti
Regia:
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Giudizio:
Trama
Un medico americano (James Stewart), in vacanza in Marocco con la moglie (Doris Day) e il figlio, assiste per puro caso all’omicidio di uno strano individuo conosciuto qualche giorno prima. L’uomo gli rivela che un politico di spicco sarà assassinato a Londra e tale rivelazione innescherà un pericoloso effetto domino dal quale risulterà difficile uscire.
Recensione
In questo hollywoodiano remake de L’uomo che sapeva troppo, film diretto da Hitchcock per la prima volta in Gran Bretagna nel 1934 e replicato negli Stati Uniti preferendo l’ambientazione esotica del Marocco alle fredde valli della Svizzera, il regista inglese sfodera tutto un repertorio acquisito in tanti anni di esperienza ricorrendo per la terza volta all’iconico volto di James Stewart, affiancato dalla bionda Doris Day.
Più che i cliché, ad abbondare sono i temi ricorrenti che hanno fatto di Hitch il director stimato in tutto il mondo, padrone di una fine tecnica di fare cinema sempre aderente al genere prediletto, il thriller, percorso da venature spionistiche aventi la funzione di disincantare uomini comuni, non preparati ad affrontare situazioni più grandi di loro.
Questo leit motif lega precedenti pellicole come Il club dei trentanove, Sabotatori, Frenzy e l’indimenticabile Intrigo internazionale. Insomma, Hitchcock insegue la perfezione sostituendosi a se stesso 22 anni dopo, rimescolando le carte senza mai uscire dal seminato della matrice letteraria, scritta a quattro mani da Charles Bennett e D.B. Wyndham-Lewis.
A un racconto lineare si accompagnano situazioni che mettono in luce la straordinaria abilità del cineasta nell’”inquadrare” il rapporto fra spazio e tempo, stabilendo un paradigma in cui gli acuti imperversano all’improvviso sebbene preventivamente costruiti.
E’ il motivo per il quale si rende possibile una scena, quella del concerto alla Royal Albert Hall, priva di dialoghi ma costellata di musica (quella di Bernard Herrmann, chiamato a interpretare il direttore d’orchestra oltre a essere l’effettivo compositore della colonna sonora), suoni, estemporanei silenzi e un grido che si carica di significato.
L’estetica filmica pretende ora il Technicolor a scapito di un bianco e nero utilizzato nel 1934, sicché si ottiene una diversa percezione dei personaggi e del dramma in atto, meno tragico e più dinamico. Doris Day partecipa attivamente alle azioni del protagonista, diventando determinante sia in occasione del tripudio concertistico, sia nello spettacolino improvvisato nella sede dell’ambasciata.
Fra tutto, infatti, resta scolpito il delizioso canto dell’attrice sulle note della canzone Que sera, sera, elemento chiave per la risoluzione narrativa.
Curiosità
Hitchcock fa una sua breve apparizione fra le persone che assistono allo spettacolo nel mercato di Marrakech.