harmie hammer
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QuantuMine – An existential reprogramming

quantumine immagineTitolo originale: QuantuMine – An existential reprogramming

Regia: Carlotta Petracci

Musiche: Vaghe Stelle

Produzione: Italia 2016

Genere: Documentario

Durata: 10 minuti

 

 

 

fabio resinaro  fabio guaglione  harmie hammer

 

Regia: stellastellastellastella

Sceneggiatura: stellastellastella

Musica: stellastellastella

Giudizio: stellastellastella

 

Trama

Fabio Guaglione & Fabio Resinaro parlano di Mine, il loro esordio da registi sul grande schermo e già cult di un cinema italiano 3.0.

Recensione

Mine è unanimemente considerato il film fenomeno del 2016, anno che proprio nella sua fase crepuscolare ha saputo offrire un canto del cigno memorabile grazie a una proposta cinematografica di alto livello. Potenza visiva, escatologia filosofica e raro gioco dello pseudo-inganno gli ingredienti della pellicola firmata Fabio&Fabio, talenti ormai pienamente sbocciati dopo aver dato un saggio delle loro indubbie capacità nell’acuto e profondo True Love (di cui erano produttori e sceneggiatori per la regia di Enrico Clerico Nasino), thriller romantico datato 2012 ma direttamente approdato in home video senza aver avuto l’onore del palcoscenico in celluloide.

Il mondo si è finalmente destato, accorgendosi di un fuoco nuovamente pronto a divampare riaccendendo entusiasmo in un cinema italiano fino a questo momento imbrigliato fra le annose maglie della commedia frigida. Mine racconta Mike, un soldato che ritrova se stesso in una condizione del tutto particolare e, soprattutto, nel grembo di un’immensità desertica che non può che affrontare in uno stato di radicale immobilismo fisico, dovuto a una mina pronta a esplodere sotto il suo piede.

La staticità, tuttavia, è solo apparente e il dinamismo che ne scaturisce s’anima interamente nella dimensione eletta dell’interiorità, terribile, funesta e… rivelatrice. Oltre Mine c’è QuantuMine, un documentario che in poco più di 10 intensi minuti fomenta la crescita di un seme innaffiato dall’induzione alla riflessione per divenir germoglio di una fantacoscienza.

La regista e produttrice Carlotta Petracci ha le idee molto chiare e subito connette la propria sensibilità al motore creativo alimentato dal genio dei due ragazzi terribili che hanno cominciato a erodere la secolare italica convenzione. Ne consegue un’attenta appendice d’approfondimento alle tematiche portanti di una drama-revolution sofisticata e incredibilmente credibile. Le parole di Resinaro, in tal senso, sanno di oracolare:

C’è un livello più profondo in cui la narrazione è usata come strumento di indagine del percorso della coscienza dell’individuo che cerca di scoprire se stesso.

La replica integrativa arriva dall’amico Guaglione: “In ‘Mine’ un dramma esteriore diventa un dramma interiore.

I due vengono ripresi come fossero in una sorta di limbo sci-fi virtuale di aleatoria eleganza noir (la reale location è la showroom Malo a Milano), seduti e rivolti verso la cinepresa (che tuttavia non guardano mai, dialogando invece con un deus ex machina) che a turno li induce al progressivo ma oculato svelamento dell’essenza filmica.

In realtà occorre una certa maturità cinematografica per cogliere il recondito significato dell’opera rivoluzionaria “minata” (e minati sono i fan così affettuosamente chiamati dal duo della Mercurio Domina), così avviluppata intorno a quattro cardini coincidenti con i capitoli portanti del documentario: Consapevolezza, Energia, Collasso e Nuovo Universo.

Sono essi fasi o stazioni (senza essere profani) di un viaggio iniziatico al centro di un cinema esplorazione della coscienza dell’uomo, dove è necessario che la secondarietà (Tommy) debba morire per stimolare il pensiero razionale in Mike e la conseguente riscoperta di sé entro una concezione del tempo dapprima deterministica che evolve in un saldo principio della fisica quantistica: la non-località.

In questo modo “spazio e tempo risultano parametri creati esclusivamente dalla coscienza dell’uomo per discernere i vari momenti e non impazzire”, insomma un collasso fusione di tutte le dimensioni spaziali e temporali di Mike che sdoganano in abbattimento delle barriere nell’atto terzo. Le chiavi di lettura, il berbero e il padre demone, sradicano l’allucinazione come rielaborazione del passato, intervenendo misticamente nella missione ultima di Mike, ovverosia “cambiare il suo passato nel suo presente per creare un nuovo futuro“, liberandosi così dai costrutti mentali per sublimare in ginocchio.

Un bell’excursus, quello della Petracci, che si pone come complemento attivo del Mine-pensiero, una suggestiva e onirica proiezione il cui senso si ritrova in riprese in bianco e nero capaci di accentuare con l’incontrovertibile fotografia di Andrea Cossu il dramma, rappresentato in nicchia dai frattali grafici di Corrado Marchigiano, esprimenti il vero ciclo attuato da Fabio&Fabio, la riprogrammazione esistenziale imperiosa e sussultoria ch’è nuova pioniera della Settima Arte.

Curiosità

mike

 

Mine ha riscosso un grande successo e molteplici riconoscimenti.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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