Titolo originale: The Dinner
Regia e sceneggiatura: Oren Moverman
Cast: Richard Gere, Steve Coogan, Laura Linney, Rebecca Hall
Produzione: USA 2017
Genere: Drammatico
Durata: 120 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Due fratelli, l’ex insegnante di storia Paul (Steve Coogan) e il senatore Stan (Richard Gere) si ritrovano dopo molto tempo al tavolo di un ristorante di lusso insieme alle rispettive mogli Claire (Laura Linney) e Katelyn (Rebecca Hall). La serata, tutt’altro che piacevole e appesantita da una tensione via via sempre più crescente – complice il rapporto conflittuale fra i due uomini – assume una piega drammatica quando emerge un fatto sconcertante.
I figli delle rispettive coppie, resisi protagonisti di un tragico episodio, divengono oggetto spinoso in una discussione vorticosa che aggiunge alla già compromessa cena una ferita profonda e indelebile.
Recensione
Quando l’entourage del Festival Internazionale del Cinema di Berlino decise di candidare per l’Orso d’Oro questo The Dinner di Oren Moverman, probabilmente lo aveva scambiato clamorosamente con un’altra pellicola, tratta anch’essa dal libro La Cena di Herman Koch e girata tre anni prima.
Con il suo I nostri ragazzi, Ivano De Matteo non andò oltre un applauso alla 71a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ottenendo qualche nomination di ripiego sia ai David di Donatello che ai Nastri d’Argento.
Grottesco se si pensa che quel film italiano, ottimamente strutturato nella sua staticità, teso a livelli seri e ottimamente interpretato, è stato considerato soltanto una piccola opera, rea di essere forse troppo vera, troppo votata alla recrudescenza del dramma espresso tramite il verbo del confronto.
Moverman inonda lo spettatore per quasi due ore di sincretismi forzati capaci di dividere personaggi sfasati, uniti solamente da un’ostinata pervicacia. Nella forma, The Dinner abbraccia il soffuso calore di un ambiente lussuoso, un ristorante esclusivo, innestandovi l’avvampo di un dialogo a base di fiele e vacuità.
L’argomento clou concernente la prole viene spinto a più riprese come si fa con una supposta in un deretano poco collaborativo. Prima della tanto sospirata rivelazione, lo script opta per un ginepraio che alterna lunghi flashback esistenziali ai raffinati piatti d’ispirazione francese serviti dal ristorante.
Antipasto, portata principale, formaggi e dessert della cena gourmet collimano con i capitoli di una narrazione frammentata che – fra alta cucina e politica – riesce a esaltare la compostezza di Stan antitetica alla sofisticata pazzia di Paul, disturbato da tare mentali invasive.
Moverman perde la bussola, navigando a strumenti starati. Risultato? Finisce col dilungarsi a giostrare le antipatie stucchevoli dei commensali annaspanti in un’ansia vuota, mai risolutiva. Sprecate in tal senso Laura Linney e Rebecca Hall, comprimarie d’effetto ma pur sempre comprimarie.
Immaginate di ritrovarvi a cena per parlare di qualcosa che viene sistematicamente evitato ed eluso fino a che, a tempo scaduto, ci si ricorda del tema cardine. Le lacrime per l’abiezione raggiunta dagli adolescenti rampolli finiscono per perdersi nel sangue versato a Gettysburg, pretesto utile al fine di scialarsi un po’ nella retorica storica relata alla travagliata nascita dei beneamati Stati Uniti d’America.
Ma Moverman non doveva mostrare l’anima sconvolta di genitori in preda a un conscio senso di colpa? Allora è proprio vero, sembra che abbiamo sbagliato film. Meglio l’Het Diner diretto nel 2013 da Menno Meyjes, connazionale di Koch che ha curato con più attenzione autoriale la trasposizione cinematografica del romanzo.
Curiosità
La voce del narratore della battaglia di Gettysburg appartiene a Stephen Lang.