Nonostante l’uggiosa e temporalesca serata di un maggio capriccioso, le stelle a Biella si vedevano benissimo, una su tutte Andriy Shevchenko, che dalle ore 21 di venerdì 12 ha illuminato il palco del Teatro Sociale Villani di fronte a una platea gremita in ogni ordine di posto, galleria compresa.
È stata la serata dei Campioni sotto le Stelle con un ospite leggendario, Sheva, l’idolo assoluto dei tifosi milanisti e degli appassionati di calcio, Pallone d’oro 2004 e icona intramontabile dello sport su scala mondiale.
Dopo aver portato nella città piemontese illustri personalità del calibro di Fabio Cannavaro, Javier Zanetti, Stefano Pioli e Pierluigi Collina (ma la lista è assai più lunga), il format ideato dal vicesindaco e assessore allo Sport Giacomo Moscarola con la collaborazione del consigliere comunale Cristina Zen – e il coordinamento della Pro Loco Biella-Valle Oropa – si è trasformato in un’occasione di confronto anche nell’ambito della solidarietà.
A interloquire con l’ex numero 7 del Milan il famoso giornalista e docente di storia del calcio Alessandro Alciato, cronista prima con Sky Italia e dopo con Prime Video, apprezzato opinionista di Dazn e nondimeno grande amico del fuoriclasse ucraino.
Un evento ricco di emozioni
L’evento, a ingresso gratuito, ha regalato tante emozioni commuovendo attraverso le immagini che scorrevano sul grande schermo. Immagini di devastazione, distruzione e disperazione riconducibili al tremendo conflitto in Ucraina innescato dall’improvvisa invasione russa.
Sheva si è presentato sul palco per commentare in primis l’apocalittica visione di Irpin’ – una fra le tante cittadine – ridotta in macerie ma anche per portare un messaggio di speranza e rinascita, rimanendo vicino alla propria gente affamata di pace.
Lui, che fin dal primo giorno di guerra ha riversato tutte le energie in progetti di ricostruzione e sostegno, istituendo raccolte fondi e associazioni in aiuto al popolo ucraino, ha raccontato le drammatiche fasi dello scontro bellico e come lo sta vivendo tuttora:
“Fa molto male vedere tutti i giorni le immagini del mio Paese martoriato dalla guerra, un Paese che amo con tutto il cuore. Ricordo quando è scoppiato il conflitto. L’ho saputo da mia madre al telefono, che quella sera ho lasciato acceso perché avevo la strana sensazione che qualcosa fosse accaduto. Ho temuto per l’incolumità di mamma e di mia sorella, soffrendo per tutti gli uomini, le donne e i bambini ucraini.”
Parlando di solidarietà, non si è risparmiato a elogiare chi è in prima linea nella riconquista dell’agognata pace:
“I soldati ucraini stanno resistendo con incredibile coraggio organizzando una difesa formidabile, ma il mio popolo ha ancora bisogno di aiuto e voglio ringraziare l’Italia per tutto ciò che sta facendo!”
Le imprese calcistiche
Sul palco c’è poi la voglia di ricordare le imprese calcistiche del fenomeno Sheva, generoso fuori dal campo, furia bomber dentro il rettangolo di gioco che ha scritto pagine fantastiche dagli esordi nella Dinamo Kiev con l’integerrimo colonnello Lobanovski alla conquista della Champions League (resta ancora impresso nella memoria il rigore messo a segno nella finale tutta italiana contro la Juventus) e del Pallone d’oro in maglia rossonera:
“Dopo la tripletta nel 1997 al Camp Nou contro il Barcellona ero pronto a compiere il grande salto e fu proprio Lobanovski – per me un maestro e un mentore – a favorire il mio trasferimento al Milan” – racconta l’Usignolo di Kiev – “Nel corso della mia carriera ho avuto la fortuna di essere accompagnato da persone perbene, preparatori, allenatori e compagni di squadra.”
Sono giunti i saluti di Andrea Pirlo e Billy Costacurta, due punti di riferimento:
“Billy era un difensore incredibile, forte, intelligente. Il Pirlo (detto alla milanese) sapeva servirmi come nessun altro e devo dire che nonostante il fisico ha fatto cose eccezionali, perché giocare sul vertice basso è complicato, soprattutto se non si è troppo dotati in altezza e muscolatura. Lui era fantastico, una forza!”
Facendo un resoconto dei suoi primi passi nel calcio:
“Quando ero molto giovane non desideravo altro che dimostrare il mio valore. Mio padre, che militava nell’esercito, mi diede un anno e se non fossi diventato un calciatore avrei dovuto iscrivermi all’accademia. Mia madre in questo ha giocato un ruolo chiave, convincendolo a concedermi del tempo, proteggendomi come fa un angelo. Io ho creduto in me stesso e la determinazione e il sacrificio mi hanno aiutato tanto. Alla fine ce l’ho fatta.”
Applausi a scena aperta, che hanno avuto amplificazione dopo queste parole, profetiche e fatidiche:
“Non sono io che ho scelto il calcio, è il calcio che ha scelto me. Credo nel destino e il calcio mi ha indicato la strada.”
A serata conclusa, Shevchenko ha firmato qualche copia del suo libro Forza Gentile e si è concesso a foto e selfie con tutti i presenti, nessuno escluso, a ringraziamento del grande affetto che i tifosi nutrono per il campione e l’uomo, la cui cifra morale si ritrova nel suo essere anzitutto un ambasciatore di sani e solidi principi.
Non poteva essere altrimenti per chi porta lo stesso cognome di Taras Shevchenko, poeta, scrittore e monumento della letteratura nella sua accezione più gloriosa.