Il valore inestimabile di una presenza scenica come Alberto Sordi si rileva praticamente in tutti i film da lui interpretati, dove l’eclettismo dell’attore impera suscitando di certo ammirazione e, soprattutto, riflessione.
La dialettica cinematografica di cui è fautore colpisce dritto al cuore della morale sociale: l’Albertone si è dimostrato nell’arco della sua carriera non solo esilarante comico, bensì anche raffinato e intelligente studioso della collettività italiana e talvolta accusatore spietato delle sue colpevoli crepe.
Il tema della giustizia in Tutti dentro
Un tema caro a Sordi risulta essere la giustizia, più volte al centro della sua satira pungente e delle sue perpetrate denunce. Tutti dentro è una pellicola in grado di dire molto sul sistema giudiziario italiano, apparendo attuale perfino oggi. Il protagonista, Annibale Salvemini, riveste il doppio ruolo di borghese ordinario – affettuoso con la moglie e premuroso con la famiglia – e di giudice integerrimo agli occhi dell’opinione pubblica.
Come magistrato, sarà capace di condurre un’azione inflessibile e risoluta, che finirà però per ritorcersi contro di lui a causa di malsani movimenti politici e audaci debolezze umane che lo riguardano.
L’inquisitore diviene inquisito: la dichiarazione
L’inquisitore diviene inquisito, e proprio ai giornalisti che lo incalzano rilascia una dichiarazione sconvolgente, schietta, quasi rassegnata.
Cronista: “Signor giudice, è il caso di chiederle se dopo le drammatiche disavventure che ha avuto, lei crede ancora nella giustizia.“
Salvemini: “Ma dopo le recenti amare esperienze, io mi chiedo se è ancora utile investire tante energie per l’applicazione della legge, o se invece, rinunciando a vacue speranze e ad aspettative mai ripagate, non ci convenisse accettare l’ingiustizia come regola e non come eccezione. Questo nella speranza, ovviamente, che almeno l’ingiustizia sia uguale per tutti!” – E poi aggiunge – “Scusatemi signori, ma sono inquisito, i giudici mi aspettano!“