Se c’è una saga tanto intricata quanto quella di Romeo e Giulietta nel mondo dell’animazione, è sicuramente quella tra la Disney e lo Studio Ghibli. Due titaniche forze che si muovono in orbite diverse, spesso destinate a scontrarsi come titani nel mezzo di un campo di battaglia.
Ma come in ogni buona storia, ci sono momenti di collaborazione, dissidi e tanti “dietro le quinte” che lasciano cadere le maschere dorate e rivelano i veri volti dietro i film che amiamo.
Innanzitutto, diamo un’occhiata alla differenza tra l’animazione occidentale e quella orientale. Mentre la Disney ha spesso adottato un approccio più commerciale e focalizzato sulle favole, con principesse in castelli incantati, eroi valorosi e finali felici che illuminano lo schermo, lo Studio Ghibli ha preferito un approccio più intimo e sognante, con storie che esplorano la natura umana, la spiritualità e il rapporto con l’ambiente circostante.
L’animazione occidentale si distingue per la sua pulizia, la sua brillantezza e la sua tendenza a catturare la magia onirica nel modo più spettacolare possibile. È un mondo dove il bene trionfa sul male, dove il romanticismo è sempre nell’aria e dove i cuori dei bambini – e non solo – si gonfiano di gioia.
D’altro canto, le storie dello Studio Ghibli non sono sempre così lineari. Ci troviamo immersi in mondi dove la spiritualità si intreccia con la realtà, dove le creature magiche danzano tra le foreste e dove i confini tra bene e male si confondono.
L’animazione giapponese è spesso caratterizzata da una profondità emotiva e filosofica che sfida lo spettatore a pensare in modi nuovi e inaspettati. I protagonisti non sono sempre eroi senza macchia e le trame non seguono necessariamente il percorso più convenzionale.
Ma passiamo ai pettegolezzi perché si sa, nessuna grande storia è completa senza di essi. La tensione tra Disney e Studio Ghibli ha avuto molti momenti culminanti, ma forse nessuno così accattivante come il dietro le quinte di La Città Incantata. Hayao Miyazaki, il maestro dietro molte delle opere d’arte dello Studio Ghibli, non ha mai avuto paura di dire la sua contro i giganti occidentali dell’animazione.
Hayao Miyazaki e lo scontro con Roger Corman e Harvey Weinstein
Quando La Città Incantata ha esordito sulla scena mondiale, il rapporto tra la Disney e lo Studio Ghibli era teso, come un violino troppo stretto in mano a un principiante.
Da tempo Miyazaki non si fidava più delle distribuzioni statunitensi in quanto negli anni ’80, all’uscita di Nausicaä della Valle del Vento, egli si scontra con Roger Corman, produttore di oltre trecento film e pigmalione di registi come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e James Cameron nonché ispiratore di attori come Jack Nicholson, Sandra Bullock e Robert De Niro.
Senza il permesso di Miyazaki, Corman mette notevolmente mano a Nausicaä della Valle del Vento per la distribuzione negli Stati Uniti tagliando venticinque minuti del film per meglio adattarlo al pubblico statunitense. Inoltre, cambia il titolo in Warriors Of The Wind, facendo completamente crollare la dimensione femminile del titolo.
A seguito di quest’esperienza, Harvey Weinstein viene incaricato dalla Disney di occuparsi della relazione con lo Studio Ghibli per la distribuzione negli Stati Uniti di Principessa Mononoke.
Anche stavolta il film di Miyazaki viene percepito inadatto al pubblico statunitense, poiché la protagonista emerge come un’eroica figura selvaggia e segnata dall’oscurità del mondo, carica di una natura ribelle e misteriosa.
È un viaggio intricato in cui i confini tra bene e male sfumano, costringendo gli eroi a confrontarsi con l’ambiguità morale anziché aderire a un’ideologia semplice. Ciò non la rende una figura che gli americani desiderano portare nelle case dei più giovani. Ma stavolta i giapponesi sono pronti a difendere il proprio lavoro.
Reduci dall’esperienza, Miyazaki e il suo produttore non saranno disposti a correre alcun rischio: come confessato durante un’intervista al The Guardian, il produttore di Miyazaki invia una vera katana a Weinstein con un messaggio: “no cuts”, “niente tagli”. Come viene notato da Giovanni Pascali nel podcast “C’era una volta il cinema”, nell’intervista traspare chiaramente la gioia e il trionfo del regista per aver inviato una katana proprio al produttore di Kill Bill.
Dietro le quinte de La città incantata
Arriviamo, dunque, al dietro le quinte de La città incantata. Nel 2001, il film diventò il più redditizio della storia nipponica, un record che ha resistito per ben 19 anni, facendo schizzare gli incassi fino a 120 milioni di euro.
Nonostante questo, alla Disney ancora ronzano dubbi nell’aria, come zanzare su una notte d’estate. Questa bizzarra sfida tra lo Studio Ghibli e la Disney sembra avviarsi verso un epico scontro finale e in questa complessa arena delle rivalità, ecco entrare in scena John Lasseter, pronto a prendere le redini della situazione.
Lasseter inizia il proprio percorso alla Disney nel 1979 ed è proprio durante il suo tempo lì che entra in contatto con Miyazaki. Quest’ultimo fa visita agli Studios per presentare alcuni dei suoi lavori e in quell’occasione viene proiettato Lupin 3 – Il castello di Cagliostro. Lasseter ne rimane affascinato, ma all’epoca nessuno avrebbe potuto prevedere l’impatto che quel momento avrebbe avuto sulla carriera di Miyazaki.
La visione di Lasseter e la nascita della Pixar
Tra il 1980 e il 1981, per una casualità, Lasseter si imbatte in alcune videocassette contenenti una conferenza sulla grafica computerizzata, che mostra i primi esperimenti e le potenzialità dell’animazione digitale. Questa visione rivoluzionaria comincia a farsi strada nella sua mente. Quando capisce appieno come potrebbe trasformare il concetto di tridimensionalità dell’immagine, decide di condividere le sue idee con la Disney.
Tuttavia, a causa di alcuni superiori che non apprezzano la sua iniziativa, Lasseter si ritrova addirittura congedato dall’azienda.
Successivamente, trova impiego presso la Lucasfilm, dove si dedica alla sperimentazione e diventa un esperto nel campo della grafica computerizzata, affermandosi come figura chiave della Lucasfilm Computer Graphics, successivamente rinominata Pixar Graphics Group.
Nel 2006, la Disney annuncia l’acquisizione della Pixar e Lasseter viene nominato direttore creativo sia della Pixar che della Walt Disney Feature Animation, quest’ultima rinominata Walt Disney Animation Studios nei primi anni 2000, consolidando così la relazione tra Disney e Pixar.
In questo periodo, la dinamica tra Disney, Pixar e lo Studio Ghibli comincia a prendere forma: nonostante il successo de La Città Incantata in Giappone, la Disney mostra ancora un certo scetticismo.
Lasseter e Miyazaki: un’amicizia speciale che riconcilia Disney e Studio Ghibli
Nel 2002, il film di Miyazaki fa registrare un nuovo incredibile record: è la prima opera di animazione, e tuttora l’unica, a vincere l’Orso d’Oro al Festival di Berlino. A quel punto, Lasseter interviene persuadendo la Disney a supervisionare l’adattamento in lingua inglese per gli Stati Uniti de La Città Incantata.
A seguito di ciò, la relazione tra Lasseter e Miyazaki si trasforma in un’amicizia speciale. Si dice che il lampioncino presente ne La Città Incantata, che indica la strada, fosse un omaggio di Miyazaki a Lasseter (da cui il noto lampioncino della Pixar).
Ed è così che, nel culmine della loro sfida titanica, durante quella che è bello pensare come una notte d’effetto tempestosa, un immaginario misterioso portale si apre nel cielo, collegando magicamente i mondi creativi dei due studi.
Disney e Studio Ghibli decidono di mettere da parte le loro divergenze superando le barriere culturali e sfruttando la loro esperienza combinata. Mentre il portale si chiude e il cielo torna alla normalità, entrambi gli Studios guardano avanti con un nuovo rispetto reciproco e una comprensione più profonda.
La loro saga continua, non più come rivali implacabili, ma come alleati creativi che hanno dimostrato che, anche nei momenti più bui, la magia dell’arte può unire anche i mondi più lontani.