Famiglia e lavoro. Lavoro e Famiglia. Conciliare queste due aree della vita può rappresentare una sfida significativa. Nello specifico, le aspettative e le pressioni imposte alle donne affinché raggiungano un equilibrio tra le esigenze professionali e le responsabilità come madri sono spesso insostenibili, e richiedono una necessaria inclinazione alla resilienza.
È il caso di Erin Brockovich, un personaggio femminile di culto degli anni ’90 interpretato da Julia Roberts, protagonista dell’omonimo film del 2000 diretto da Steven Soderbergh.
La storia (vera) di Erin Brockovich
Una donna con due matrimoni falliti alle spalle, vive per crescere i suoi tre bambini, affrontando una situazione finanziaria e sociale non particolarmente felice. Destreggiarsi tra colloqui di lavoro inconcludenti e tate economiche ma non affidabili sembra essere la rappresentazione moderna di un inferno che solo una madre single senza sussidi può immaginare.
Sul curriculum di Erin pesano la mancanza di un’istruzione formale ma soprattutto gli anni di maternità, agli occhi di alcuni pura e semplice disoccupazione. I suoi instancabili sforzi, però, insieme al rifiuto di arrendersi e alla feroce determinazione, le permettono di ottenere un impiego come segretaria in un piccolo studio legale. E non solo.
Il suo percorso professionale arriva a un svolta decisiva quando, imbattendosi in alcune cartelle riguardanti un caso pro bono, comincia a svolgere delle indagini in prima persona venendo a conoscenza di una situazione di contaminazione idrica legata a una società di servizi pubblici locale (PG&E).
La causa non solo la appassiona da un punto di vista professionale, ma la coinvolge anche a un livello quasi personale e soprattutto etico, tanto da spingerla a combattere scetticismo, intimidazioni e minacce, in favore dell’incessante ricerca della giustizia e della dignità, per gli altri e per se stessa.
Vulnerabilità e femminilità in una donna che non si arrende
La performance da Oscar di Julia Roberts è potente per molte ragioni. Prima tra tutte ha il merito di aver dato voce a una storia vera che necessitava di essere raccontata. In seconda istanza, ritrae un cambiamento significativo possibile: la trasformazione di una madre sola e in difficoltà che non solo riesce a provvedere a una vita migliore per i suoi bambini, ma che è in grado di trovare riscatto per se stessa.
E ancora, Erin rappresenta la vulnerabilità che non si arrende, una femminilità tenace che si accende di fronte alle sfide della vita, capace di empatia ma altresì di lotta. È una storia che dà speranza e mostra una possibilità, non tralasciando il racconto delle insidie. Condizioni che sono tuttora estremamente presenti e vive nel nostro tessuto sociale e che per questo motivo rimangono argomento di dibattito quotidiano.
La donna nella società di oggi
Perché se durante un colloquio di lavoro viene ancora chiesto alla candidata se è sua intenzione avere figli in un futuro anche remoto, allora è molto facile sentirci legati alla lontana ma vicina realtà di Erin Brockovich. Ricevere un’opportunità a volte può essere cruciale, come nel caso di questo personaggio, ma senza di essa come sarebbe andata?
Il rischio di assumere questa donna in questo caso ha ripagato ma la domanda è: perché è chiamato rischio? Perché non aveva un’istruzione? Perché le sue minigonne poco consone non erano adatte all’ambiente? O perché la maternità l’aveva costretta per un periodo troppo lungo ad occuparsi dei figli?
I sistemi di supporto dovrebbero prendersi cura del fatto che domande come queste non abbiano più spazio. I sistemi di supporto dovrebbero occuparsi di integrare impegni professionali e responsabilità familiari, e parlare di gestione invece che di capacità o aspettative.
Perché poi, come spesso accade, i problemi si celano nelle aspettative. Ci si aspetta che le donne diano priorità alla famiglia, oppure, ci si aspetta che le donne oggi eccellano nella loro carriera pur essendo madri dedite e premurose. È proprio questo “ci si aspetta…” che è problematico e la pressione è insostenibile.
Erin Brockovich è l’esempio che se ti viene data l’opportunità, è possibile diventare migliori e contribuire creando valore. Non c’è più spazio per i sensi di colpa e l’inadeguatezza se ci si dà la possibilità di indagare davvero per trovare un equilibrio e per trovare il proprio appagamento, che può mutare nel corso del tempo ma che soprattutto è singolare e unico in ognuna di noi.