Due sono le storie che si intrecciano nella pellicola di Wilma Labate del 2007, Signorina Effe: da una parte la Storia con la S maiuscola, quella dei trentacinque giorni di sciopero della FIAT, una pietra miliare nello sviluppo delle lotte sindacali; dall’altra la storia, fittizia e un po’ meno interessante, dei personaggi coinvolti.
La parte più autentica del film è da rintracciare nel racconto dei fatti storici, documentati con immagini d’archivio, video e giornali dell’epoca, la cui attualità e verità invadono lo schermo.
FIAT: la storia
Torino, settembre 1980, la FIAT abbandona la trattativa con i sindacati e annuncia, causa crisi, 14.500 licenziamenti; la classe operaia risponde con trentacinque giorni di scioperi, proteste, resistenze. In questo lasso di tempo nasce, cresce e muore la storia d’amore tra Emma (Valeria Solarino), impiegata alla FIAT con prospettive di carriera, e Sergio (Filippo Timi), operaio che lavora alle presse.
Emma Martano, figlia della classe operaia, è la bella di casa, sulla quale la famiglia ha da sempre puntato per un’emancipazione sociale: è laureanda in matematica, impiegata presso la FIAT nel nuovo settore informatico e in procinto di sposare Silvio, un quadro dell’azienda torinese vedovo e con una figlia piccola. Innamorandosi di Sergio, operaio e militante, sarà costretta a rimettere in discussione obiettivi e priorità.
Al di là della relazione tra Emma e Sergio, cosa succede nei trentacinque giorni di baraonda?
Il consiglio di fabbrica proclama lo sciopero
Dopo un decennio di lotte e conquiste per gli operai, l’11 settembre 1980 la FIAT del neo-amministratore Cesare Romiti annuncia un esubero di 24.000 lavoratori e il licenziamento per circa 14.500 di questi. Il consiglio di fabbrica proclama immediatamente lo sciopero: tutti i cancelli dello stabilimento di Mirafiori sono bloccati da picchetti operai, impedendo a chiunque l’accesso in fabbrica.
La tensione sale il 26 settembre quando Enrico Berlinguer sembra promettere un appoggio del PCI anche nel caso in cui l’azienda fosse stata occupata. Caduto il Governo Cossiga, il 27 settembre la FIAT sospende i licenziamenti ma annuncia la cassa integrazione a zero ore per i 24.000 lavoratori in eccesso. Riprendono il blocco totale del lavoro e i picchetti in un clima di insofferenza e intolleranza che porta anche a forme di violenza.
Il corteo dei colletti bianchi per tornare a lavorare
Esasperati da mesi di tensioni e proteste, i colletti bianchi (impiegati, capi, intermedi), da sempre popolo silenzioso, decidono di far sentire la propria voce: il 14 ottobre 1980, al trentaquattresimo giorno di sciopero, il Coordinamento dei capi e quadri FIAT convoca un’assemblea al Teatro Nuovo di Torino. Al termine della riunione si forma un lungo corteo, in cui circa 40.000 lavoratori chiedono pubblicamente la possibilità di tornare a lavorare. Uno dei motti è “Il lavoro si difende lavorando”.
La cassa integrazione
Controllata o no dalla dirigenza FIAT, questa manifestazione ha un enorme impatto mediatico e segna il punto di rottura: la consacrazione della gestione FIAT di Cesare Romiti, la sconfitta e il successivo ridimensionamento del potere del sindacato operaio. All’annuncio del corteo, infatti, i vertici aziendali non firmano l’accordo che prevede la cassa integrazione a rotazione a favore degli operai: 24.000 saranno messi in cassa integrazione straordinaria a zero ore e dimenticati.