La figura del Pontefice è di per sé una delle più misteriose e affascinati di tutti i tempi, tanto da meritare un posto d’onore all’interno delle più svariate forme di rappresentazione artistica. Non è un caso dunque che, fin dai tempi più remoti, la figura del Papa sia divenuta soggetto di numerose opere letterarie e pittoriche, nonché addirittura di poesie e di alcune opere musicali (specie in relazione alla caduta del potere temporale del papato nel 1870).
Anche il cinema ha più volte riproposto la figura pontificia all’interno di numerose pellicole, di volta in volta con connotazioni e modalità differenti.
Prime rappresentazioni cinematografiche della figura del Papa
Per ritrovare le prime immagini in movimento a presentare la figura del Papa, bisogna risalire agli albori della cinematografia, precisamente al 1896. Il pioniere Vittorio Calcina realizzò una pellicola di due minuti in cui veniva per la prima volta mostrata la benedizione di un pontefice, Leone XIII, considerato a tutti gli effetti come il primo Papa mediatico della storia.
In seguito, anche il successore Pio X si rese protagonista di alcuni brevi spezzoni filmati, in cui appariva intento nelle sue passeggiate quotidiane, mentre di Papa Benedetto XV è presente una ricca documentazione su pellicola (ancora muta) degli incontri e delle cerimonie principali del suo pontificato.
L’epoca della documentazione pontificia filmata
Sarà però Pio XI a inaugurare l’epoca della documentazione pontificia filmata, con i primi discorsi sonori di cui il successore Pio XII, soprattutto in concomitanza con la denuncia della Seconda guerra mondiale, si farà promotore. Proprio in questo periodo i cinegiornali iniziano a mostrare sempre più spesso servizi filmati sulle attività apostoliche del Pontefice, compresa per la prima volta la benedizione immediatamente successiva all’annuncio dell’elezione e i discorsi dei riti canonici.
Il conclave che porterà all’elezione di papa Giovanni XIII sarà il primo a ottenere una completa documentazione filmata e televisiva (anche se già nel 1939 i preparativi del conclave erano stati descritti e registrati), inaugurando definitivamente l’epoca dell’attenzione mediatica per la figura del Pontefice, che avrà grande seguito con Paolo VI e, soprattutto, con Giovanni Paolo II.
Il tormento e l’estasi
La prima pellicola di finzione a presentare la figura del Pontefice è Il tormento e l’estasi (1965) di Carol Reed, fedele e ben orchestrata ricostruzione storica del rapporto conflittuale creatosi fra Michelangelo Buonarroti e Papa Giulio II durante la realizzazione del celebre affresco della Cappella Sistina.
Oltre alla bellezza estetica e alla fedeltà nella narrazione, la pellicola si distingue per un’ottima interpretazione di Rex Harrison. L’attore veste i panni del dispotico e potente pontefice, a capo di una spietata Curia pontificia che ben descrive gli intrighi e le contraddizioni del potere temporale.
E venne un uomo
Sempre nel 1965 troviamo un’insolita ricostruzione biografica delle origini e della vocazione di Giovanni XXIII effettuata da Ermanno Olmi in E venne un uomo. La parte del Papa è affidata a un insolito Rod Steiger, il quale interpreta una sorta di figura-simulacro narrante la vicenda senza creare alcuna identificazione col vero Angelo Roncalli.
Questo avviene in un alternarsi, quasi onirico, di ricostruzioni cinematografiche e filmati d’archivio, dando vita a una pellicola minimalista che si allontana dalla strada del biopic per prestare attenzione alle parole e alla filosofia del Papa buono.
L’uomo venuto dal Kremlino
Con L’uomo venuto dal Kremlino (1968) di Michael Anderson, per la prima volta la fantapolitica e la realtà storica si intersecano, presentando la figura del cardinale russo e arcivescovo di Leopoli Kiril Lakota, che nel pieno della Guerra fredda, dopo essere stato liberato dai gulag della Siberia, finisce per diventare il primo pontefice di un paese comunista a salire al soglio petrino.
La figura di Kiril, ispirata al vero vescovo russofono Hryhoril Lakota e interpretato da un ottimo Anthony Quinn, si presenta come il protagonista di un fanta-thriller di spionaggio che rispecchia pienamente la paura del comunismo religioso diffusa all’epoca, anticipando però, anche curiosamente, la futura elezione del primo Papa slavo, Karol Wojtyla.
Nell’anno del Signore
Nell’anno del Signore (1969) di Luigi Magni viene rappresentato il primo capitolo di un trittico cinematografico, proseguito con In nome del Papa Re (1977) e concluso con In nome del popolo sovrano (1990).
Vengono ricostruite molto fedelmente le vicende storiche iniziate con la rivolta del 1848 e l’esilio di Pio IX a Gaeta, fino a giungere alla fine del potere temporale del Papa a Roma in seguito alla breccia di Porta Pia nel 1870.
Attraverso un buon amalgama di dramma, commedia e una sapiente conoscenza degli eventi patriottici, la trilogia di Magni ci offre uno spaccato molto fedele della caduta di uno dei regni più incongrui e potenti dell’Occidente, anche grazie alla sporadica ma efficace prestazione di Gianni Bonagura nelle ingombranti vesti dell’ultimo Papa Re.
Fratello Sole, Sorella Luna
Nel 1972 Franco Zeffirelli ci offre una bellissima favola storica sulle vicende di San Francesco d’Assisi in Fratello Sole, Sorella Luna. Alec Guinness veste i panni dell’onirico ed evangelico Papa Innocenzo III, colui che accolse calorosamente l’umile fraticello e che creò l’Ordine francescano.
La figura del pontefice viene qui presentata come in un sogno, addobbata di ricchi paramenti e nel mezzo di un sontuoso ambiente (il bellissimo Duomo di Monreale di Palermo) che ricorda un quadro rinascimentale. Tutto questo finisce per creare un’antitesi con la bontà e la dolcezza del personaggio.
Signore e signori, buonanotte
Nell’opera collettiva Signore e signori, buonanotte (1976), parodia di una quotidiana programmazione del palinsesto RAI con tanto di tg e annunciatori, nel finto sceneggiato dal titolo Santo il soglio, ritroviamo un portentoso Nino Manfredi nei panni del decrepito cardinale Felicetto de li Caprettari.
Costui, ormai prossimo alla morte e scelto come comodo Papa di transizione, dovrebbe risolvere le momentanee controversie fra i pretendenti al soglio pontificio. A sorpresa, il vecchio cardinale si rivelerà in piena forma, avendo architettato un furbissimo piano per farsi eleggere dai suoi meschini colleghi, convinti di usarlo per i loro torbidi scopi.
Attraverso una sana dose di ironia e bravura attoriale, questo frammento ci aiuta ancora una volta a riflettere sui consueti giochi di potere in atto nella curia papale durante l’epoca medievale, dove l’elezione del pontefice era vista come una banale disputa politica.
Le parodie papali: Qua la mano e Il pap’occhio
Qua la mano (1980) di Pasquale Festa Campanile è suddiviso in due episodi: il primo, intitolato Sto così col Papa, narra le vicende di un vetturino romano, interpretato da Enrico Montesano, il quale è solito dare passaggi notturni nientemeno che al Papa in persona, riuscendo infine, in seguito a una scommessa fatta con i suoi colleghi, a portare il pontefice ad affacciarsi al balcone della sua misera abitazione.
Una storia divertente e anche commovente sul valore dell’amicizia e della gratitudine, con un ottimo Philippe Leroy in abiti talari. Le parodie papali non hanno alcun limite, arrivando addirittura a forme alquanto bizzarre e maldestre come Il pap’occhio (1980), una squilibrata pellicola diretta dall’improponibile Renzo Arbore.
Qui il cantautore viene chiamato nientemeno che da Giovanni Paolo II, interpretato dal somigliante Manfred Freyberger, per diventare conduttore ufficiale dell’innovativa Televisione di Stato Vaticana, dando il via a una rocambolesca serie di inconvenienti e vicessitudini degni della più viscerale commediola all’italiana.
Il marchese del Grillo
Sempre sull’onda della parodia, ritroviamo il celeberrimo Il marchese del Grillo (1981) di Mario Monicelli, versione bislacca de Il ricco e il povero in cui l’esilarante Alberto Sordi si trova scambiato con un proprio sosia di umili origini, finendo per essere giudicato in prima persona da Papa Pio VII, un Paolo Stoppa al massimo della sua simpatia ma ben inserito nel ruolo dello strambo e insensibile pontefice.
Le teorie cospiratorie di Morte in Vaticano
Una nuova ricaduta nel campo del fanta-spionaggio l’abbiamo con Morte in Vaticano (1982) di Marcello Alipardi, chiaramente ispirata alle teorie cospiratorie che hanno addobbato la morte di Giovanni Paolo I, presentando la figura di un fantomatico Papa Clemente I col volto di Terence Stamp.
In seguito alla sua pericolosa conversione alle teorie populiste e pseudo-socialiste con cui ha intenzione di riformare la Chiesa, diviene vittima di una serie di complotti organizzati nientemeno che dalla stessa Curia, in una immaginifica ricostruzione al limite della provocazione esplicita.
La Papessa
Una delle pellicole più innovative e discusse sulla figura del pontefice rimane comunque La papessa (2009) di Sonke Wortmann, seconda trasposizione cinematografica dopo l’omonimo film del 1972 di Michel Anderson con Liv Ullmann.
Viene riposta la leggenda della Papessa Giovanna, una presunta donna che, sotto spoglie maschili, sarebbe riuscita a salire al soglio pontificio nell’IX secolo d.C. prima di essere linciata dalla folla che aveva scoperto la sua gravidanza.
Questo secondo film presenta sicuramente una maggiore attenzione storica ed estetica, affrontando con incentivato approfondimento e credibilità una delle pagine presunte più buie della chiesa occidentale.
La Pantera Rosa 2
Sempre nel 2009 ritroviamo un ulteriore divertissement sul tema in La pantera rosa 2 di Harald Zwart, in cui il celebre ispettore pasticcione Jacques Clouseau con le fattezze dello scatenato Steve Martin, si trova a dover recuperare nientemeno che l’anello papale sottratto da un oscuro furfante, non prima però di aver scombussolato gli appartenenti del pontefice e avendolo pietosamente esposto, natiche all’aria, fuori dalla balconata di San Pietro.
L’Habemus Papam di Nanni Moretti
Infine, la pellicola che sicuramente rimarrà impressa nella storia come una delle più ciniche e fedeli sulla figura pontificia è Habemus Papam (2011) di Nanni Moretti.
Un credibilissimo e dolcissimo Papa, con le fattezze del granitico Michel Piccoli, non riuscendo a trovare la forza per affrontare l’incombenza e la responsabilità della chiamata divina, fugge dal Vaticano e gironzola per tutta Roma. Finisce per dichiarare pubblicamente davanti a tutti l’incapacità di portare a termine il proprio compito.
Decide così di rifiutare il mandato nello stesso giorno dell’elezione. Un finale agghiacciante, anche perché appare come un oscuro e sibillino presagio della reale abdicazione di Papa Benedetto XVI, che sarebbe arrivata solo due anni dopo.
Un panorama vasto a cui vanno aggiunti numerosi rimandi diretti e indiretti in altre opere, a dimostrazione dell’importanza della figura del Papa, ancora oggi fulcro di attenzione e di interesse, molto presente nella nostra cultura.