Du dum, du dum, du dum… Lo sentite? È un cuore che batte, che mantiene vivi, che pulsa a un ritmo precisamente periodico a volerla dire in termini matematici.
Quest’introduttiva onomatopea rende solo in parte l’idea del “vociare” del muscolo cardiaco, anatomicamente associato a un’esplicita funzione fisica, romanticamente legato all’espressione degli umani sentimenti.
Ancora diverso si rivela essere Il cuore quantistico al centro del favolistico esperimento condotto da Cristina Vitagliano.
Titolo e “oggetto miliare” coincidono perfettamente nel suo funambolico romanzo breve che intende incanalare il pensiero del lettore verso un’idea in grado di ridefinire il rapporto nome-aggettivo correlato a ciò che di fatto dà suono al nostro petto: cervello cardiaco o cuore cerebrale?
Beh, entrambi originano sensazionali sinfonie nell’universo letterario di una degna epigona di Edgar Allan Poe, una scrittrice lanciata da un esordio estremamente convincente – Dark Phantasy – Fiabe del Macabro e dell’Assurdo (edito da Pathos Edizioni) – e letteralmente sbocciata, insomma un talento maturo.
Questa è la storia
Utilizzando una curiosa citazione di Henry Miller, l’autrice alza il sipario del suo piacevolissimo “Questa è la storia” sulla scia del più prosaico “C’era una volta” con il quale tutte le fiabe hanno inizio.
Attraverso una schema che premia la semplicità ancestrale del costrutto letterario e dunque costituito da un prologo – una programmatica divisione in capitoli numerati e sottotitoli illustrativi – s’apre la porta sul mondo sommesso, pacifico ma anche un po’ bizzarro del poeta William e della di lui moglie pasticcera Eden, uniti da un idilliaco sodalizio esistenziale in seguito alterato da un parabolico accadimento ordito dal destino.
La poesia, nel romanzo della Vitagliano, è metaletteratura, un desiderio d’incanto incorniciato da una desunta e ossessiva ricerca della perfezione. Tutto è inamovibile, stabile, imperterrito nella città di Hedgehog, la dimensione spaziale dei protagonisti, una gabbia dorata in cui William, nel proprio folle percorso, arriva a non sopportare nemmeno più un solo “grammo di ordinarietà”.
Decadentismo, pessimismo cosmico e meccanica quantistica
Immersi sempre più nell’incalzante citazionismo letterario che riesuma opere eccellenti come Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, I dolori del giovane Werther di Goethe e il Frankenstein di Mary Shelley, imbocchiamo lentamente il sentiero logorante di William, che serpeggia fra le masse ardenti del decadentismo e i gelidi aculei del pessimismo cosmico, rispettive agonie di Oscar Wilde e Giacomo Leopardi.
Quando entra in gioco la meccanica quantistica si assiste al risveglio di spiriti, di sensi e di intelletti. Inaspettatamente, l’autrice di chiara estrazione umanistica affronta la difficile quanto cervellotica materia in un modo davvero originale, conferendo a concetti palesemente appannaggio della fisica una disinvolta capacità di farsi comprendere. Certo non c’è il piglio analitico ma in tal caso neppure ve n’era bisogno.
La meccanica quantistica, tradotta in un vorticoso intrecciarsi di amigdale, calcoli, ticchettii d’orologi e macarons variegati, entra ed esce dalle parole abili a costruire e poi sfatare i miti individuali di una gotica favola che strizza l’occhio al fantasy cinematografico.
Il libro Il cuore quantistico è edito dalla Undici Edizioni.