Per approfondire la dinamica del viaggio temporale al centro del film Predestination (Michael e Peter Spierig, 2014), risulta necessario citare il racconto da cui è tratto il lungometraggio: All you zombies (tradotto in italiano col titolo Tutti voi fantasmi), scritto nel 1960 da Robert A. Heinlein.
Pur essendosi documentato sul tema dei paradossi temporali e sulla modalità di trasporto dei corpi da una dimensione all’altra, scrivendo un racconto così ingarbugliato più di 50 anni fa, l’autore fantascientifico ci illustra una prassi affine agli anni ’60.
Essa viene sorpassata successivamente da evoluzioni tecnologiche apparse con l’andare degli anni.
Come funziona l’USFF in All you zombies
In All you zombies il mezzo, nello specifico l’USFF (Co-ordinates transformer field kit), è una valigetta (simile a una ventiquattrore) dal peso di 23 kg, costruita con parti inamovibili. L’agente impostava precedentemente data e luogo dello spostamento sulla valigetta e al momento opportuno tutto quello che doveva fare era scuoterla per far uscire una rete metallica, entro cui il corpo era istintivamente attratto.
A quel punto l’agente veniva totalmente immerso dalla rete e la fase successiva era la scomparsa e l’imminente comparsa sul luogo e nel giorno preimpostati.
Dinamica dei salti temporali in Predestination
In Predestination la procedura è piuttosto coerente al racconto, se non per qualche piccolo particolare di riadattamento (considerando che Heinlein negli anni ‘60 non avrebbe potuto immaginare la tecnologia degli anni ’90): la valigetta è più simile alla custodia rigida di un violino e l’impostazione da parte dell’agente avviene mediante una sorta di lucchetto numerico, sistemato in base alle esigenze.
Un semplice tasto premuto al momento giusto innesca la dematerializzazione dei corpi. E’ fondamentale che un agente sia monitorato durante i salti, e soprattutto che sia autorizzato per evitare disturbi mentali e sensazioni di stordimento accentuati che potrebbero portare il soggetto a uno stato di personalità e psicosi alterate.
Senza addentrarsi in un campo vasto e a dir poco complicato, Heinlein, nelle ultime cinque pagine del racconto, riesce a spiegare in modo chiaro, lineare e dettagliato in che modo funzionano i salti nel tempo da un’epoca all’altra, mentre la rivisitazione a sceneggiatura, che per ovvi motivi di dilatazione è stata modificata insieme all’arco temporale della vicenda, risulta più complessa e dispersiva.
Si salta con l’agente temporale senza cognizione di causa, cercando di rimettere insieme le vicissitudini “inevitabili” che si susseguono e precedono contemporaneamente e che, in fin dei conti, sono già state scritte e sono già accadute. Il nostro è un viaggio iperdimensionale: inseguiamo un serpente che si morde la coda all’infinito, alla ricerca del punto di svolta all’interno delle vite dei predestinati.