A suo tempo non sbancò certo il botteghino, eppure Labyrinth è diventato negli anni un vero e proprio cult del cinema fantasy, e non soltanto come film per bambini. A cominciare dall’illustre cast, che, oltre a un conturbante David Bowie/Jareth, vede una giovanissima e splendida Jennifer Connelly davanti alla cinepresa, e due nomi come Jim Henson (creatore dei Muppets) e Terry Jones (testa pensante dei leggendari Monty Python) dietro.
Struttura di un labirinto dove tutto è possibile
Il vero protagonista della pellicola è, però, il labirinto, l’intricato dedalo che Sarah deve superare per salvare il proprio fratellino dalle grinfie del Re di Goblin e metaforico percorso che la ragazza deve compiere per affrontare il delicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Un po’ Alice nel Paese delle Meraviglie e un po’ Mago di Oz, la storia si sviluppa, appunto, tra le mura di un impervio labirinto che sfiora il gotico, circondato da una natura brulla e funesta, in cui le fate altro non sono che insettucoli maligni e gli gnomi bitorzoluti amici fidati.
Perchè, come recita il sottotitolo italiano, nel labirinto “tutto è possibile” e, soprattutto, niente è come sembra: Sarah inizierà a orientarsi solo quando smetterà di dare tutto per scontato e affronterà le difficoltà, le paure, gli scherzi ottici e i falsi allarmi (veri e propri), volgendoli a proprio favore. Un labirinto da leggenda medievale, con tanto di segrete in cui la protagonista piomba dopo uno straordinario tunnel di mani, un gioco di ombre cinesi senza luce che niente ha da invidiare agli effetti da grafica 3D.
Dalle mura di pietra alla scalinata escheriana
Dopo il buio, il labirinto cambia anche conformazione. Non più sterminate mura di pietra ma siepi alla francese, dietro le quali ci aspettiamo di incontrare da un momento all’altro la Regina di Cuori. Ambientazione più “accogliente”, che ci fa tirare per un attimo il fiato prima di imbatterci nel luogo più temuto del labirinto: la Gora dell’Eterno Fetore, una palude di melma e putridi liquami che ti fanno puzzare per l’eternità.
Sarah, nonostante gli imbrogli e i sotterfugi del perfido Jareth, riesce a superare ogni avversità e a giungere, finalmente, alla città di Goblin, vero e proprio villaggio medievale, e a riprendersi il fratellino dopo una rincorsa su una scalinata dall’esplicita ispirazione escheriana.
La qualità visiva della pellicola è fuori dubbio. Al di là dei pupazzi, tutti manovrati manualmente e veri gioiellini anche nell’era del computer, e al di là di alcune brutture tecniche dovute, comunque, ai 25 anni che porta ormai sulle spalle, Labyrinth ci mostra l’articolazione di un’ambientazione che, nonostante rimanga invariata per la maggior parte del film, risulta sempre illogica e surreale, stupefacente e deliziosa allo stesso tempo.
