- Cinefocus, Cinema e Cultura

La Atomic Monster di James Wan e il suo rocketman

Il logo (o logotipo) è la rappresentazione grafica di un prodotto o di un’azienda e fa sì che questo si distingua da tutti i concorrenti e sia riconosciuto dai consumatori. Per questo, oltre a essere facilmente riconoscibile e diverso da quello dei competitors, deve rispecchiare i valori e gli obiettivi del marchio che rappresenta. In quest’ottica il logo di Atomic Monster, la casa di produzione cinematografica fondata dal regista e sceneggiatore James Wan, ha centrato perfettamente il bersaglio.

Un logo, un’identità

Atomic Monster nasce nel 2014 e decolla praticamente subito, producendo film come Annabelle (John R. Leonetti, 2014), il franchise The conjuring, The Nun (Corin Hardy, 2018) e The Nun 2 (Michael Chaves, 2023), affermandosi rapidamente con un’identità ben definita. Wan l’ha voluta mostrare fin dall’inizio anche attraverso il logo, complesso, animato, di cui finora si sono viste due versioni, quasi identiche nella sostanza ma differenti nello stile.

Entrambe vedono come protagonista un uomo-razzo simile a un astronauta, che giunge dal cielo notturno per salvare una città dalla minaccia di un mostro tentacolare, a cui fa esplodere le orride propaggini per poi atterrare e scrivere “Atomic Monster” con il raggio sparato dal suo casco.

La realizzazione del primo logo – quello d’esordio del 2014 – è stata affidata allo studio Filmograph, i cui designer hanno prodotto un logo in bianco e nero animato in CGI ispirandosi alle graphic novel ma con uno sguardo vintage.

La complessa realizzazione della grafica

Qualche anno dopo, nel 2019, Wan decide di rimetterci mano per creare qualcosa di diverso. Vuole passare dalla CGI (Computer-Generated Imagery) allo stop-motion (o passo uno), che invece è una tecnica cinematografica in cui si utilizza una particolare cinepresa per riprendere un fotogramma alla volta e dare l’illusione del movimento di oggetti inanimati.

Quindi si rivolge a Norman Yeend, regista e modellista con un’esperienza trentennale nella stop-motion, e al suo team di Poke the Bear per rivisitare la storia dell’uomo-razzo in una versione che strizza l’occhio ai pionieri degli effetti speciali, come Ray Harryhausen (Gli argonauti, 1963) e O’Brien (King Kong, 1933), di cui Wan è un grande ammiratore.

Realizzare il nuovo logo non si rivela affatto facile e mette a dura prova anche la professionalità di un veterano come Yeend. Per prima cosa viene realizzata un’anteprima 3D, utile per predeterminare i tempi del movimento della telecamera o la traiettoria di volo dell’uomo-razzo, che erano molto complessi.

Vecchio design, nuovo logo: l’arte di Norman Yeend e Warren Bernard

In origine era previsto anche un razzo nel filmato, da cui il protagonista sarebbe dovuto venir fuori. Il team di Yeend, però, non riesce a farlo entrare nel video entro il tempo stabilito di dieci secondi, quindi Wan lo elimina. Durante la preparazione dell’anteprima, il modellista Warren Bernard costruisce una città in miniatura tagliata a laser, con tanto di traffico sullo sfondo, e Yeend lavora al piccolo rocketman.

Dato che l’uomo-razzo era già stato progettato nel precedente logo, Yeend deve attenersi scrupolosamente al vecchio design. Per il corpo principale viene utilizzata argilla da modellare e uno stampo in silicone, poi colato su un’armatura sferica e snodata, mentre una pallina da ping pong diventa la testa. Le braccia e le gambe sono realizzate con delle action figures e sulle mani in gomma siliconica vengono applicati guanti fatti su misura.

Quella di attaccare le braccia alle spalle dell’uomo-razzo si rivela una vera sfida perché un’armatura con snodo sferico, più facile da fabbricare, avrebbe reso necessario un foro o una fessura che sarebbe diventata visibile a ogni movimento delle braccia. Alla fine, Yeend trova una soluzione utilizzando dei magneti. Per i tentacoli del mostro, invece, vengono riutilizzati quelli in gomma siliconica, lunghi circa 60 cm, che Yeend aveva creato per uno spot pubblicitario di molti anni prima.

L’ispirazione da Il mostro dei mari

Infine, utilizzando le informazioni dell’anteprima, viene girata l’inquadratura larga degli edifici e dei tentacoli con una cinepresa con controllo del movimento e poi il volo dell’uomo-razzo, posizionato su una piattaforma appositamente costruita e fatto volare su una traiettoria basata sul filmato.

Come Yeend, James Wan è un grande appassionato di vecchi film di mostri (ad esempio Il mostro dei mari, 1955, dove un polpo gigante dai tentacoli enormi semina il panico a San Francisco) e potrebbe esserci questa passione dietro all’identità mascherata dell’astronauta che spunta dalle tenebre per colpire il mostro a colpi di laser.

Il risultato è un logo nuovo ma con il profumo entusiasta della vecchia scuola e delle sue mille risorse.

Benedetta Mossa

Romana, del '91, laurea in Psicologia, formazione teatrale e grande amore per la Settima Arte. Mi piace guardare le cose da prospettive diverse e credo che, se l'arte è sempre meravigliosa, il cinema è per tutti, entra nelle nostre case, nei nostri cuori e ha il potere di mostrare il mondo da angolazioni inaspettate.
Leggi tutti gli articoli di Benedetta Mossa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *