Ci sono film (tanti) il cui sviluppo strutturale attraversa un segmento narrativo che parte da un punto A a un punto B prevedendo un inizio, una serie di accadimenti e una fine. Questa fine può essere estremamente chiarificatrice dell’intero percorso affrontato in storyline oppure fortemente enigmatica, più specificamente a libera interpretazione dello spettatore.
E poi c’è Confidenza, la pellicola tutta italiana di Daniele Luchetti – tratta dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone – il cui intero iter prosegue su snodi e binari altalenanti fra la riflessione intima e il dubbio che l’accompagna.
La storia potrebbe dirsi di primo acchito molto semplice: c’è un giovane professore di liceo che, in un periodo favorevole come gli anni ’80, insegna ai propri allievi la letteratura e le sue sfumature con metodi di largo respiro e valutazioni tutt’altro che rigide. Pietro – questo il nome del docente – vede in una sua studentessa la luce brillante della sensibilità e dell’avvenire. Ci vede, in realtà, qualcosa di più di questo, ovvero il nascente fuoco dell’attrazione.
Niente segreti
Esso, però, non può divampare se non quando, dopo la maturità, i due possono lasciarsi andare senza più il vincolo del rapporto professore-allieva. Teresa non è una donna qualunque: la sua mente viaggia, esautorata dall’inseguimento delle convenzioni, animata dalla voglia di libertà, non piegata alle costrizioni sociali. Persino il suo amore è libero, come lo è la sua interiorità e lo slancio a conoscere le persone dal di dentro.
Accetta Pietro, lo accoglie sessualmente e intellettualmente ma a una condizione: niente segreti fra di loro. Il suo mentore, pur non essendo uno sprovveduto, acconsente e si apre. Così, una sera, fa all’orecchio di Teresa una rivelazione, in un attimo di pochi secondi in cui Luchetti toglie l’audio lasciandoci sordi, attoniti, smarriti e… molto curiosi di sapere!
Riaccende i microfoni nel momento in cui la ragazza afferma che ciò che il partner gli ha confidato potrebbe irreversibilmente comprometterne il futuro e la reputazione. In breve, sarebbe in grado di distruggerlo.
Il regista è un fervido detrattore della narrazione logica e lineare, preferendo puntare sul sottile non-sense, sul non detto, sulla stratificazione a pelle viva del fattore umano. Perseguendo tale filosofia, porta la relazione fra Pietro e Teresa a un livello successivo, che non esiste più spegnendosi nell’incontro sporadico e fra le maglie di quella confidenza, invero oramai unico anello di congiunzione della non-coppia.
Pietro va avanti, sposa una collega, ha una figlia e scrive un saggio sull’insegnamento che anima le discussioni preparandogli la strada verso il tanto sospirato successo professionale. Teresa va in America, elabora interessanti teorie matematiche diventando una celebrità nel campo dei calcoli e degli algoritmi.
Sono lontani ma il tempo, sardonico e beffardo, li riavvicina per caso all’ombra della confidenza trasformatasi in vago motivo di ricatto. In qualunque occasione, Teresa potrebbe rompere il segreto e spazzare via ogni ambizione e proposito del suo professore-amante.
Le ipotesi sulla misteriosa confidenza
Ora, continueremo a chiederci: quale sarà mai questa confidenza? Quale mistero si cela dietro quelle poche parole sussurrate in una manciata di secondi lunghi un interminabile silenzio? Qualche ipotesi:
- La prima, formulata da moltemplici spettatori, insiste sul fatto che in realtà Pietro avrebbe insegnato per tutti quegli anni senza un titolo di studio adeguato al ruolo, avendo avuto forse un accesso fraudolento al concorso per l’inserimento nelle graduatorie prima dell’assunzione e l’assegnazione della cattedra. Insomma, sarebbe un impostore e ciò spiegherebbe il grido di disperazione della figlia nell’ultima scena, dettato da un profondo senso di vergogna e disprezzo.
- Seconda ipotesi, non poi così inverosimile, l’enunciazione di uno o più vizietti poco lusinghieri e compromettenti per un insegnante, come ad esempio il voyeurismo, oppure l’ammissione di aver commesso un reato rimasto impunito.
La verità, pur magari avvicinandoci molto, non la sapremo mai.