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La Dune Buggy Puma di Ben e Kid

Un divertente passatempo, un simpatico quanto particolare oggetto d’intrattenimento e… insospettabile pomo della discordia. La regola è chiara: mai provare a separare una Dune Buggy Puma dai loro legittimi proprietari, Kid e Ben. Loro lo hanno detto senza mezze misure: …Altrimenti ci arrabbiamo!

Ma cosa può portare due appassionati delle corse a innamorarsi tanto di un’automobile? Beh, la “carriola” vinta dai protagonisti della mitica commedia di Marcello Fondato non è una vettura che si vede proprio tutti i giorni, anzi.

Il fenomeno Dune Buggy dalla sabbia alla strada

La Dune Buggy apparsa nel cult all’italiana del 1974 – rossa e con cappottina gialla (specifichiamolo altrimenti si arrabbiano!) – è un modello costruito dalla ditta Puma e commercializzato da Adriano Gatto sulla scia del classico Deserter americano, quindi destinato principalmente alla marcia sulla sabbia (da qui il nome “Dune”) ma ideale anche per tragitti su strada o sterrato.

Pianale e meccanica corrispondono a quelli del Maggiolino Volkswagen, ma con un motore revisionato che consentiva all’epoca di raggiungere una velocità di 130 km/h. Tale caratteristica determinò un prezzo di vendita attestabile sul 1.300.000 lire. Tutto, comunque, inizio oltreoceano, dove i ragazzi erano soliti utilizzare ibridi con telai minimali muniti di grossi pneumatici a bassa pressione per scalare le dune.

Trabiccoli del genere rimasero giocattoli estivi senza futuro né estetica finché un certo Bruce Meyers non decise di assemblare un prototipo con carrozzeria partendo dalla sua Manx del 1964. Fu così che la primissima Dune Buggy si mostrò alla luce del sole con motore scoperto, gomme larghe, fari esterni e fiancate a onda, senza porte e tantomeno cofano.

Il fenomeno esplose sul finire degli anni ’60: a quei tempi gli esemplari visti circolare in terra statunitense erano all’incirca 20.000.

La Dune Buggy in Italia

All’alba del decennio successivo avvenne l’approdo in Europa, in particolare in Inghilterra e in Italia, sebbene la prima Dune Buggy nel Belpaese entrò nel panorama automobilistico nel 1968, distribuita in scatola di montaggio dall’azienda bolognese All Cars di Mario Zodiaco.

Si trattava di un kit comprendente carrozzeria in vetroresina, parabrezza, fanali, attacchi, bulloni e pianale del Maggiolino da accorciare di 273 mm. Costo: 371.400 lire a meno che non venissero richiesti accessori aggiuntivi come sedili, roll-bar e hard-top. Divenne a tutti gli effetti un prodotto automobilistico quando si costituì la Autozodiaco s.r.l., cui faceva da concorrente la Automirage.

Sul mercato produttivo specifico entrarono anche la ATL di Mandello del Lario, la MOMO di Rozzano, la Hot Car di Milano, Mello Ferraro e la Greppi con sede a Colico, che commercializzò la Spider Mach, la Buggy Drag II e la Torpedo Safari, tutti modelli in vetroresina ispirati alla meccanica Volkswagen. A Roma il pilota di autocross Adriano Gatto fondò la Puma s.r.l. e cominciò a produrre Dune Buggy dalla linea sportiva e accattivante.

La Dune Buggy Puma di …Altrimenti ci arrabbiamo!

Nel film, la Buggy utilizzata da Bud Spencer e Terence Hill si vede dotata di cappotta gialla, carrozzeria rossa, fiancate laterali bombate e chiuse percorse da strisce bianche. Il brand Puma compare sul cofano e appena sotto si nota uno spoiler che si congiunge ai due lati con i parafanghi anteriori.

Saltano agli occhi delle evidenti differenze (anche per esigenze di ripresa) con il modello originale immesso sul mercato all’inizio degli anni ’70, ed è proprio per queste “licenze di design” che la Dune Buggy di …Altrimenti ci arrabbiamo! resta qualcosa di unico e inimitabile: niente paraurti, fanaleria rinforzata con coppia di luci sul roll-bar, altri due fanali sullo spoiler anteriore e infine due sulla cornice del parabrezza, rimosso per evitare riflessi sui vetri.

Così cantavano gli Oliver Onions, autori della celebre canzone inserita nella colonna sonora di Guido e Maurizio De Angelis:

I feel like a king in my buggy” ovvero “Mi sento come un re sulla mia buggy”.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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