Come preannunciato nella news Martin Scorsese al Museo Nazionale del Cinema di Torino, il grande maestro della Settima Arte è arrivato nel capoluogo sabaudo partecipando lunedì 7 ottobre 2024 alla conferenza stampa con i giornalisti prima della serata di galà con tanto di red carpet e consegna del premio Stella della Mole alla presenza di eminenze quali Willem Dafoe, Giuseppe Tornatore, Francesca Lo Schiavo e Dante Ferretti.
A seguito di anni di trattative e preparazioni, il direttore uscente Domenico De Gaetano e il Presidente del museo Enzo Ghigo hanno visto i loro sforzi trasformarsi in un incontro davvero imperdibile per i cultori del cinema. Dopo aver regalato al mitico cineasta un VCP con tutte le scene tagliate del capolavoro Cabiria girato nel 1914 da Giovanni Pastrone, hanno lasciato la parola al regista newyorkese che già aveva sottoscritto nel 2006 l’introduzione al volume Cabiria & Cabiria editato in occasione del restauro del kolossal.
Martin Scorsese tra regia, passione e restauro
Scorsese ha sempre dato voce alla propria passione per l’espressione cinematografica, non dimenticando però di assicurare lunga vita alle pellicole prodotte e realizzate in ogni parte del mondo.
Per tale motivo ha parlato della sua The Film Foundation creata nel 1990 ad anticipare il World Cinema Project portato avanti insieme a sua figlia Francesca Scorsese:
“Una volta che un film viene fatto, viene sottoscritto, promosso e distribuito. I soldi investiti tornano agli studios, i biglietti per entrare in sala sono stati venduti, comunque sia. Ma chi si occupa di garantire la longevità assoluta dell’opera? È un processo che comporta un lungo lavoro di restauro, di riadattamento ai supporti contemporanei, mesi spesi in uno studio del materiale. Ci sono aspetti sia positivi che negativi, sia chiaro. Ma non dimenticate che questo è fondamentale per tramandare la conoscenza cinematografica alle future generazioni.”
A chi teme che si possa a breve concretizzare un suo ritiro, Scorsese offre una risposta rassicurante:
“Sto lavorando a un nuovo film su Gesù e ho in progetto un biopic su Frank Sinatra. Certo, ho 82 anni ma finché ci sono forze e soldi per realizzare film, continuerò a lavorare! Intanto sono qui in Italia, ad ammirare bellissime città tra cui Torino e Roma. Spero di riuscire ad andare in Sicilia, dove risiedono le mie origini.”
D’obbligo un rimando alla sua carriera, agli intramontabili racconti in celluloide ispirati al cinema italiano di cui è fervente cultore da 70 anni:
“In Gangs of New York narro la nascita storica e civile degli Stati Uniti d’America ponendo l’accento sulla miscellanea popolare, il delicato tema dell’immigrazione e della rivalsa dell’individuo in una nazione agli albori, imperniata su principi e valori rivendicati dalla classe sociale. Mi sono ispirato al Satyricon di Fellini per narrare una sorta di fantascienza inversa piuttosto straniante eppure in parte realistica. Amo il cinema italiano da quando ero piccolo.”
Apertura a nuove soluzioni cinematografiche
Contrariamente al pensiero comune, Martin Scorsese non è un conservatore radicale, anzi si dimostra un regista molto aperto a innovative soluzioni di messinscena, come si è potuto evincere dagli ultimi suoi capolavori:
“Il cinema si sta evolvendo, sta cambiando e lo fa continuamente, prestandosi alla multimedialità, finanche alla realtà virtuale e agli odierni canali distributivi, ad esempio lo streaming. Seppur appartenente a una Settima Arte definita ‘classica‘, ho accettato di girare per Netflix The Irishman, ricorrendo a tecniche di ringiovanimento degli attori ed effetti speciali necessari. Volevo un film che potesse riunire Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino. Io vivo per raccontare storie tramite un cinema che deve abituarsi alla flessibilità, alla versatilità allo scopo di fare comunicazione e trasmettere conoscenza. Ora il potere espressivo in questi termini ha raggiunto risultati sensazionali. Tutti gli strumenti sono a nostra disposizione.”
Accettazione della violenza
Specifica infine il ruolo che la violenza ricopre come leit motif ridondante nei suoi film:
“Mi dicono che faccio film bellissimi ma anche molto violenti. Ebbene, non voglio negare che è la vita che ho visto io e con la quale, prima o poi, veniamo in contatto tutti. La storia del mondo per prima si è costruita su episodi violenti, motivo per cui ho diretto Killers of the flower moon, dove vengono presi di mira i nativi americani, tolti di mezzo per soldi, potere e interesse. La violenza è qualcosa che ci appartiene in quanto uomini, non è mai bella ma non possiamo negarla per quanto deprorevole. È un fenomeno scomodo ma esiste e dobbiamo nostro malgrado accettarlo.”