Non è difficile riscontrare nei personaggi pittoreschi che popolano il film Berlinguer ti voglio bene, diretto da Giuseppe Bertolucci nel 1977, una forte frustrazione dovuta essenzialmente ai loro fallimenti di fronte alla vita, alle donne, alle responsabilità.
Lo scontento generale pervade non solo le loro gesta e l’incedere insicuro ma perfino i dialoghi tessuti da battute volgarotte e superficiali disserzioni.
La poesia del Bozzone
Questa precaria condizione si riassume in maniera veemente quanto comica nella composizione verbale del Bozzone, amico del protagonista Mario Cioni e surreale poeta popolare consapevole della realtà che attanaglia parte della generazione toscana degli anni ’70. Il suo monologo si può a ragione considerare la massima espressione di rassegnazione e sfiducia del gruppo di giovani che si avvicendano nel corso del film.
“Noi siamo quella razza che non sta troppo bene, che di giorno salta i fossi e la sera le cene, lo posso grida’ forte, fino a diventa’ fioco; noi siamo quella razza che tromba tanto poco, noi siamo quella razza che al cinema si intasa pe’ vede’ donne ignude, e farsi seghe a casa.
Eppure la natura ci insegna sia sui monti sia a valle, che si po’ nasce bruchi pe’ diventà farfalle, ecco noi siamo quella razza che l’è fra le più strane, che bruchi siamo nati e bruchi si rimane, quella razza semo noi è inutile fa’ finta, c’ha trombato la miseria e semo rimasti incinta.“