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Oliver e lo scabroso rituale nella vasca da bagno

Il fenomeno Saltburn è rimbalzato un po’ ovunque sui social e la pellicola ha attirato un buon numero di spettatori anche in virtù dei due protagonisti maschili, star emergenti del panorama cinematografico. Tra le varie scene di cui il film si compone, ha dato il via a tutta una sequela di trend e di battute l’ormai celebre sequenza della vasca. Val dunque la pena approfondire.

Masturbazione e oscuro voyeurismo

Felix (Jacob Elordi), durante un momento di relax personale, si masturba nella vasca da bagno che condivide con Oliver (Barry Keoghan), sistemato dall’altro lato rispetto alla sua camera. Oliver ne spia avidamente ogni momento e quando Felix abbandona il bagno eccolo recarsi lì, proprio nella vasca, che si sta ora svuotando, e inginocchiarsi a leccarne il fondo.

I rumori intrinsechi alla scena la evidenziano come un momento gravante del film. Keoghan trattiene quasi il respiro mentre compie il suo rituale. Avidamente muove le labbra sul fondo di quella vasca e la macchina da presa indugia. Una scena senza dubbio forte, ben fatta registicamente, senza grandi fanfare di movimenti, pulita, nonostante il soggetto. Ma perché sconvolgersi tanto?

Il mondo social ha spoilerato la scena ancora prima che la maggior parte del pubblico nelle sale avesse visto l’intera pellicola. Perché lo spettatore medio ha avvertito un senso di disagio così marcato? Negli attimi precedenti avevamo già assistito agli atipici, anomali comportamenti del personaggio disturbato, ossessivo.

Lo avevamo già visto spiare l’amico mentre questo faceva sesso nella sua stanza del college. Il gesto che Oliver compie con la vasca è un’emanazione morbosa di un desiderio portato all’eccesso. Amava Felix, ma riproponendo il tema del doppio possiamo facilmente capire che lui lo voleva, lo bramava al punto da voler essere lui.

Oliver si sente indubbiamente sedotto da Felix, ma quello che la sua personalità passiva brama è il desiderio di insinuarsi nella sua vita, in ogni suo più piccolo momento, e quale soluzione migliore che assimilarne una parte? Il desiderio sessuale percepito dallo spettatore è qualcosa di tangibile, ma davvero ancora oggi al cinema ci soffermiamo al primo strato di significazione?

Oltre il disagio e il mero eccitamento della visione scabrosa

Quello che non convince è la spettacolarizzazione dell’eccesso. Oliver è l’unico personaggio del film realmente concentrato, è un fiume in piena, mostra e vive un range di emozioni e di pulsioni che il resto dei characters affronta solo di sfuggita. Ecco forse perché l’eccesso era necessario secondo la visione registica della Fennell, ma il gioco vale la candela quando tutto ciò che viene percepito dal pubblico è un po’ di eccitamento e di disagio al solo scopo di generare scalpore?

La scena, in un contesto che cerca di essere completo, doveva essere percepita come molto intima, una sublimazione di un’unione carnale cercata e voluta a ogni costo, ma lo sguardo erotico di Saltburn suggerisce sempre qualcosa di più lascivo e perverso di quanto non lo sia in realtà. Quindi la domanda è: la Fennell ha voluto questa scena perché indicativa di una personalità disturbata e disturbante o solo per desiderio di fama?

In un mondo che procede alla velocità della luce, ogni dettaglio conta per poter essere annoverati tra quelli che ce l’hanno fatta, e il cinema non fa eccezione. Basta pensare al fatto che questa scena è già stata giudicata talmente iconica che ha stimolato anche scelte di marketing abbastanza discutibili. È infatti in commercio una candela all’aroma di vasca da bagno di Jacob Elordi, quasi un richiamo ai prodotti venduti da Gwyneth Paltrow.

Quindi almeno un obiettivo sembra essere stato raggiunto, la notorietà. Si perde però il lavoro che c’è dietro, le interpretazioni, ma soprattutto le motivazioni di trama. Dire che la scena mette a disagio è totalmente lecito ma perché spettacolarizzarla come qualcosa di vagamente erotico da sdoganare a tutti i costi?

Più scene crude per accrescere la maturità culturale

Pensiamo alla scena del burro in Ultimo tango a Parigi, quella sì che mette a disagio, che crea fastidio, eppure non è stata spettacolarizzata. Ecco la differenza. Forse abbiamo bisogno di più scene crude al cinema ma anche di una maggiore disponibilità di intenti tra pubblico e regista. Un gioco di maturità culturale che prescinde da un po’ di hype, forme d’arte che vanno sdoganate in quanto emanazione di un ventaglio di reazioni umane praticamente illimitato.

Questa scena è forte perché, se paragonata a un contesto di vita reale, fa venire la pelle d’oca solo se si analizza il meccanismo mentale che spinge qualcuno a fare quello che ha fatto Oliver, e non perché c’è dello sperma di mezzo. La scelta della Fennell verrà comunque ricordata e chissà che fra un paio d’anni non si continui ancora a parlarne.

Rosy Murrone

Rosy, classe 1998. Una piccola cinefila della Calabria. Laureata al DAMS, quello figo, quello a Bologna. Mi chiedi come vedo il futuro? Facile, alla scrivania, con la mia prima sceneggiatura pronta per essere consegnata al più famoso dei registi. Trasformo pensieri in scrittura da quando ancora prendevo il Fluimucil alla fragola. Scelgo il mondo del cinema perché è l'unico mondo nel quale mi sento completa. In quale altro posto puoi essere assolutamente te stesso e trovare comunque qualcuno esattamente come te? Datemi film e sto a posto per tutta la giornata.
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