Edward è sicuramente uno dei personaggi cinematografici più poetici e fiabeschi. Ideato dall’immaginifica mente di Tim Burton e ispirato, nell’aspetto e nell’animo, alle sensazioni adolescenziali del grande cineasta, è protagonista di una storia altrettanto fantastica che però tocca profondamente la realtà. Ogni elemento del film ha una precisa funzione narrativa, a cominciare dall’ambientazione.
Il castello di Edward: il giardino, le sculture e il sottotetto
La storia di Edward Mani di Forbice, raccontata dall’ormai anziana Kim, si apre in un castello dal tetro aspetto gotico, con tutti i leit motiv del caso: il maniero, macchia grigia che si staglia in un cielo pastello, sorge in cima a una collina, alla fine della strada principale (e unica?) della cittadina.
L’abitazione di Edward e del suo defunto “padre” rappresenta una vera e propria trasposizione nello spazio dell’aspetto e del carattere chiuso e apparentemente ombroso del protagonista. Apparentemente, perchè, oltre all’ingresso dominato da spaventosi gargoyles, da rampicanti ed erbacce incolte, si apre il meraviglioso giardino curato da Edward, rigoglioso, con le sue tipiche sculture di siepi e fiori di ogni tipo: segno della sua presenza, viva, creativa e sensibile, nonostante tutto.
La stessa sensazione è data dal sottotetto in cui vive Edward. Raggiungibile dopo scalinate buie e polverose e invenzioni abbandonate, l’ultimo piano del castello si squarcia, letteralmente, e si apre verso il cielo, metafora del desiderio di Edward di aprirsi al mondo. L’atmosfera è quasi da horror, ma in realtà risulta molto più stridente e inquietante la seconda ambientazione del film.
La cittadina di Peggy: un tipico quartiere residenziale americano
La cittadina che ospita Edward sembra un tipico quartiere residenziale americano, con le case ridipinte appositamente per le riprese con vivaci colori pastello, quasi come fossero imbellettate con i trucchi che Peggy cerca di vendere, invano, alle pettegole e superficiali casalinghe che vivono lì. Burton ricrea in verità il luogo che lo ha visto crescere, Burbank, ed esprimersi con i primi grandiosi disegni con cui decorava i muri delle case dei vicini su commissione.
Le connotazioni bizzarre del quartiere sono state studiate con un preciso fine: rendere l’idea di un caratteristico sobborgo pianeggiante, piuttosto banale e vagamente paranoico, proprio come i suoi abitanti. Sia il castello che la cittadina, quindi, sono ambientazioni fortemente anti-naturalistiche, così come la storia di Edward Mani di Forbice che si dipana, fotogramma dopo fotogramma, tra poesia, colore e quel gusto un po’ bambinesco tipico di Tim Burton.