“Una è più autentica quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di se stessa.” Questa la conclusione di uno dei monologhi più grotteschi, satirici e allo stesso tempo commoventi della filmografia di Pedro Almodòvar.
Agrado alla conquista dell’immagine ideale
Agrado, diretta discendente della felliniana Gradisca di Amarcord, è una prostituta transessuale. La vita le ha probabilmente riservato più batoste che soddisfazioni nel percorso per raggiungere la sua immagine ideale. Tuttavia, come suggerisce il nome, il suo desiderio è quello di piacere e donare piacere e, nel corso del film Tutto su mia madre, ci piace eccome.
Senza il suo umorismo, l’ingenuità che ha conservato pur nella malizia della sua vita, e i suoi outfit strampalati, il ritratto della femminilità aggiornato ai canoni della Spagna di Pedro Almodòvar. Il monologo con cui si esibisce e si svela a teatro è l’apice del suo personaggio, ma anche il momento saliente nel quale il cinema si svela insieme a lei con tutte le finzioni che lo rendono però autentico e reale per gli spettatori.
Parole sincere sul palco
Inizialmente, Agrado sale sul palco per intrattenere il pubblico dopo l’annuncio che la diva della pièce di Un tram che si chiama desiderio, Huma Rojo, è impossibilitata a recitare nello spettacolo. Poi, però, le sue parole sincere si sostituiscono alla performance, proprio come il cinema, molto più a buon mercato del teatro per gli spettatori.
Quindi Agrado inizia a raccontarsi, ma non finge di ignorare ciò che appare in maniera evidente, il suo aspetto artefatto, ma lo esalta, così come esalta il prezzo pagato per raggiungerlo: “Occhi a mandorla 80 mila, naso, 2.000”. D’altra parte, “Essere autentico costa, signora mia.”
Anche la costruzione dell’immaginario cinematografico è più costosa rispetto a quello teatrale. Aperto il sipario rosso della scena, è sufficiente sospendere l’incredulità e affidarsi alle parole degli attori. La cinepresa ha invece necessità di mostrare la consistenza della realtà. Non importa quanto questa sia sistemata dal lavoro dello scenografo, quanto sia piegata per sembrare naturale.
Il risultato è che sembra naturale, una ricostruzione esatta, dove tutto è presente nelle giuste dosi. “Tette due” – dice dopotutto Agrado – “perché non sono un mostro”. La donna fa sorridere e ridere molti, di questo è consapevole. Non ha la disperazione quasi inquietante di altri personaggi transessuali di Almodòvar, come il protagonista de La mala educaciòn.
Rendere gradevole la vita degli altri
La sua missione nella vita è sempre stata quella di “rendere gradevole la vita agli altri”. Come le commedie slapstick delle origini, che hanno improntato la loro riflessione allontanandosi dal naturalismo e dall’espressionismo del teatro, per costruire un mondo artefatto, ma che era autentico nelle emozioni degli spettatori, così il monologo di Agrado.
Forse lontano dalla profonda performance della Blanche Dubois che avrebbe interpretato Huma, ma un personaggio forse più forte nello scandalo e nel plauso degli spettatori.