Dove vederlo: Al cinema
Titolo originale: Conclave
Regia: Edward Berger
Sceneggiatura: Peter Straughan
Cast: Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow, Isabella Rossellini
Musiche: Volker Bertelmann
Produzione: Regno Unito, USA 2024
Genere: Thriller
Durata: 120 minuti
1 Premio Oscar®: sceneggiatura non originale
Trama
In una realtà contemporanea verosimile, anch’essa funestata dalla crisi mondiale e sociale, la figura centrale della religione cattolica viene a mancare. Si apre dunque l’iter per l’elezione del nuovo Pontefice, ma il vaglio tra la pletora dei possibili candidati è costellata di figure oscure e incidenti di percorso che minano l’integrità morale e gli equilibri del soglio pontificio.
Tutte le incombenze sono a carico del cardinale e decano Thomas Lawrence (Ralph Fiennes), sulle cui spalle grava il peso dell’esercizio di giustizia nel ruolo superpartes per la scelta cruciale del nuovo vicario di Dio.
Recensione
Il film Conclave di Edward Berger – tratto dal libro omonimo di Robert Harris del 2016 – si configura in un intreccio apparentemente lineare, dove il gioco degli equilibri è sottilissimo e tutt’altro che votato alla misericordia e al benessere dell’umanità. Il mondo religioso viene portato sullo stesso piano della dimensione politica, la matrice umana, rivestita di toghe rosse, serpeggia ineluttabile dietro i nobili intenti della professione di fede.
La ragion di stato è perfettamente ricreata tra le mura del Vaticano, serratissime e invalicabili. La fede rimane in disparte e poco incline alla sua reale funzione salvifica. La figura del camerlengo è dunque chiamata a essere l’ago della bilancia atto a dipanare i giochi di potere, divorato egli stesso dai dubbi etici che riempiono vari momenti della pellicola.
I candidati sono nomi ben noti al pubblico e ruotano intorno ad archetipi morali di opposte nature, ma comunicanti nelle loro differenti sfumature, come a formare una sorta di parlamento ideale: il favorito – quantomeno all’inizio – è il cardinale Aldo Bellini (Stanley Tucci) che più si avvicina, almeno in apparenza, alla linea di condotta del defunto papa.
Segue il cardinale Adeyemi (Lucian Msamati), assimilabile a una certa forma di Cristianesimo democratico, Josep Tremblay (John Lithgow), l’ultimo ad aver avuto contatti col pontefice, che incarna la fazione più conservatrice, e infine il cardinale Tedesco (Sergio Castellitto), di simpatie più reazionarie e diretto concorrente del Bellini.
Non è un quadro affatto edificante quello che si presenta, poiché il tempo è scandito da continue fumate nere, dove la caccia ai voti si rivela essere più problematica del previsto per via di una maggioranza elettorale mai raggiungibile. A minare questo quadro già fragile, giunge in extremis l’ultimo candidato, Vincent Benitez, divenuto in pectore arcivescovo della diocesi di Kabul, uomo decisamente anticonformista rispetto ai polverosi colleghi: è giovane, di bell’aspetto, silenzioso e oculato nelle sue osservazioni incisive e nelle sue idee democratiche e rivoluzionarie.
Il film vuole svelare, attraverso questo personaggio discreto ma fondamentale, i tratti fallaci di una società giusta e intoccabile solo di facciata. I dialoghi sono ricchi di citazioni bibliche ma anche, e soprattutto, di disquisizioni filosofiche e morali su quale sia l’effettivo ruolo della Chiesa e di chi dovrebbe guidarla e non guidarla tra coloro che sono stati selezionati per la decisione.
Gli attriti e le dispute tra i personaggi, le cospirazioni, i monologhi interiori – che si svolgono principalmente la sera, dove ogni incrollabile convinzione si dissolve e tutta la vulnerabilità e la fallibilità umana fuoriescono – si ripercuotono nelle scelte dei voti che mutano costantemente scrutinio dopo scrutinio, tanto da coinvolgere in prima persona lo stesso cardinale Lawrence, tacciato a un certo punto di superbia e colpevole inconsapevole del fallimento del quorum.
Richiami a opere precedenti sono evidenti, come nel caso di Angeli e Demoni del 2009, per il particolare contesto egualmente delicato e cupo di un conclave travagliato, e la complessità della figura del camerlengo, seppur nel caso del film di Ron Howard essa sia estremamente negativa e disumanizzata, una figura quasi “fantastica”.
Se si vuole tornare ancora indietro, si può azzardare un ulteriore collegamento, il claustrofobico e cospiratorio scenario di Todo Modo di Elio Petri, 1976, composto da figure grottesche e da una costante tensione tra potere temporale e secolare, dove politica e religione dialogano, combattono e s’avvelenano vicendevolmente alle spalle di un paese martoriato dalla malattia e le incertezze.
Le tematiche trattate sono molte e tutte estremamente attuali, e racchiudono il tipo di contraddizioni e controversie che attanagliano da sempre il mondo clericale in primis, la dimensione umana e sociale contemporanea in seconda battuta. Conclave possiede un dinamismo equilibrato e una giusta dose di suspense, grazie anche alla circoscrizione degli spazi per una ovvia questione di “sequestro” dei personaggi.
Un magistrale esercizio di recitazione, in special modo per il protagonista su cui vertono le sorti della trama, e che funge da punto di vista globale attraverso cui analizzare le profondità dell’animo umano e delle sue scelte, accogliere a sé in accordo e armonia la filosofia cristiana più “innocente”, e necessaria in questo momento storico per rieducare i fedeli all’accettazione dei cambiamenti e all’amore e alla gioia incondizionati verso l’altro, il prossimo, qualunque essa sia la sua natura e provenienza.
CINEFOCUS
Il Camerlengo nella Chiesa cattolica
Curiosità
Considerato uno dei migliori dieci film dell’anno, Conclave è stato inserito nella prestigiosa lista dal National Board of Review.