Dove vederlo: Amazon Prime Video
Titolo originale: La figlia del bosco
Regia e sceneggiatura: Mattia Riccio
Cast: Davide Lo Coco, Giorgia Palmucci, Giulia Malavasi, Angela Potenzano
Musiche: Francesco Fortunato
Produzione: Italia 2025
Genere: Horror
Durata: 80 minuti
Trama
Durante una battuta di caccia nel bosco, Bruno (Davide Lo Coco) perde l’orientamento e gira per ore alla disperata ricerca della via del ritorno. Uno strano canto di fanciulla lo attira in una casa popolata solo da bambole feticcio dall’aspetto molto inquietante. Il giorno successivo, l’uomo scopre che anche un gruppo di giovani boyscout si è perduto, venendo a conoscenza di una leggenda che narra di una ragazza nata fra le radici di un albero ed eletta custode di quella sconfinata selva.
Recensione
Nel mercato del cinema indipendente, diverse produzioni stanno provando a conquistarsi una nicchia di pubblico facendo breccia negli amanti del cinema senza fronzoli, imbastito su skills tecniche minimali legate strettamente al concetto di “realismo scenico”. Ne fa parte La figlia del bosco, film scritto e diretto da Mattia Riccio che non fa segreto sin da subito del suo intento: seguire il potente vettore dell’eco-vengeance in un’epoca in cui il riscatto ambientalista rappresenta il redivivo contrasto al capitalismo e alla globalizzazione.
In questo determinato caso, Riccio gira in due settimane una fiaba nera all’interno di uno spazio esterno privo di limiti o barriere, un’ancestrale dimensione selvatica che fa da tribunale in un metaforico processo intentato dalla Natura – parte lesa – contro l’uomo dissacratore. L’ecosistema si erge a carnefice anteposto al boia divenuto preda, al cacciatore d’improvviso in trappola, senza via d’uscita. Un senso di smarrimento, soffocamento e angoscia piomba a permeare un’atmosfera di profondo isolamento, e una volta tanto le vittime non suscitano pena.
Il protagonista Bruno è un invasore irrispettoso che inanella un gesto irriguardoso dietro l’altro: si accomoda in casa d’altri, tocca, consuma il cibo che trova e si accende un sigaro, lasciando una banconota da 50 euro scambiando un gesto di gentilezza per un servizio di casuale ospitalità. La figlia del bosco abbraccia l’esplorazione stand alone dei classici videogames horror o dark adventure, rastrellando comunque qualche idea da pellicole del passato, come ad esempio Long weekend del 1978 e il suo remake realizzato 30 anni dopo.
La natura si ribella ma lo fa per interposta persona, anzi entità oscura, figura che mostra quasi sempre mani e piedi, mai il volto, perché quale volto dovrebbe avere chi è costantemente vittima di soprusi, abusi e violenze? L’essenzialismo di questa produzione low-budget firmata Vinians Production si manifesta nella scelta di location libere come il Monte Terminillo e il Monte Livata, in un’esigua durata di lavorazione e in una troupe di professionisti under 30.
Nel cast non ci sono ovviamente grandi nomi: Davide Lo Coco, Giorgia Palmucci, Giulia Malavasi e Angela Potenzano recitano evidenziando un approccio dialogico piuttosto telefonato, facendo trapelare un’insicurezza di fondo che non ci dovrebbe essere. Grandi assenti anche suspense e brivido, che non decollano a causa di una fotografia asettica, incapace di supportare lo svolgersi delle sequenze cardine.
Un film orfano di tanti, troppi elementi indispensabili per ottenere sufficiente attenzione. All’ombra di costanti déjà vu non si fa molta strada. Urge qualcosa di veramente originale.
Curiosità
Dopo 9 corti all’attivo, un medio e un videoclip, Mattia Riccio realizza finalmente un lungometraggio.