Titolo originale: The Zone of Interest
Regia e sceneggiatura: Jonathan Glazer
Cast: Christian Friedel, Sandra Hüller, Ralph Herforth, Freya Kreutzkam
Produzione: USA, Regno Unito, Polonia 2023
Genere: Drammatico
Durata: 105 minuti
Photo credits: © Courtesy of A24
Festival di Cannes: Grand Prize, Premio FIPRESCI
2 Premi Oscar: Miglior film internazionale, sonoro
Trama
Il comandante di Auschwitz Rudolf Höss (Christian Friedel) e sua moglie Hedwig (Sandra Hüller) si sforzano di costruire una vita da sogno per la loro famiglia in una casa con giardino vicino al campo.
Recensione
“Se queste sono persone” verrebbe da chiedersi parafrasando Primo Levi.
Se queste sono persone: un uomo e una donna – marito e moglie – che adorano vivere in una casa a un muro di distanza dal campo di concentramento di Auschwitz.
Se questa è una donna: Hedwig Hoss, che si vanta dei fiori e dei frutti del suo giardino mentre dall’altra parte della barricata echeggiano le grida di terrore e disperazione degli ebrei deportati e lei non fa una piega, né un sussulto, né mai si volta verso quella direzione, quasi fossero rumori normali, ai quali ci si può abituare, come i clacson delle auto, le urla del mercato o il frinire delle cicale. E invece no, sono suoni atroci con i quali lo spettatore deve fare i conti.
Se questo è un uomo: il comandante Rudolf Hoss, che passeggia beato di notte fumando una pipa mentre, a pochi metri da lui, dalla canna fumaria delle camere a gas di Auschwitz fuoriesce ciò che rimane di uomini, donni e bambini deportati.
Jonathan Glazer sceglie un punto di vista insolito per raccontare gli orrori dei campi di concentramento nazisti e lo fa esattamente come l’omonimo romanzo di Martin Amis da cui il film è tratto. Posiziona la macchina da presa non dentro Auschwitz, ma appena fuori, in una bellissima casa con giardino e piscina adiacente al campo con il quale condivide perfino lo stesso muro. Lo spettatore non vede mai ciò che succede dentro il lager: può solo sentirne i suoni, strazianti e dolorosi.
Una macchina da presa sempre a debita distanza dai personaggi dei quali non vediamo mai il volto. Una distanza fisica ed emotiva che alimenta nello spettatore rabbia, malessere, angoscia e frustrazione. Un’opera cruda sulla banalità del male, affinché non accada mai più.
Curiosità
Jonathan Glazer ha utilizzato ben cinque diverse unità di ripresa posizionate e nascoste per riprendere le scene in casa e in giardino. Gli attori sono stati tenuti all’oscuro delle distinte modalità di ripresa, in modo che non sapessero se in quel momento si stesse ricorrendo a un primo piano, a un campo medio o a un campo lungo, così da esaltare la naturalezza dei movimenti e delle espressioni.