Dove vederlo: Al cinema
Titolo originale: L’amore che ho
Regia: Paolo Licata
Sceneggiatura: Paolo Licata, Antonio Guadalupi, Maurizio Quagliana, Heidrun Schleef
Cast: Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro, Anita Pomario, Tania Bambaci
Musiche: Carmen Consoli
Produzione: Italia 2025
Genere: Drammatico
Durata: 125 minuti
Foto da: Ufficio Stampa Manzo Piccirillo
Trama
Dopo una prestigiosa carriera nell’arte musicale, Rosa Balistreri (Lucia Sardo) vuole recuperare il rapporto con la figlia quarantenne Angela (Tania Bambaci), troppo a lungo trascurata e incattivitasi con la madre assente. Pur di avere un’altra occasione, Rosa è disposta a fare qualunque cosa, dall’occupare la decadente cantina di casa della figlia all’andare in giro per paesi alla ricerca di soldi.
Durante questa difficile missione per riguadagnare l’affetto perduto, la donna ricorda il proprio passato: dall’infanzia trascorsa a lavorare nei campi al matrimonio imposto e scandito dalla violenza del consorte, fino al successo conquistato contro tutto e tutti.
Recensione
L’amore che ho è il film biopic di Paolo Licata dedicato a una figura straordinaria e spesso dimenticata: Rosa Balistreri. Più che una semplice cantante folk siciliana, l’artista si autodefiniva con orgoglio e precisione “attivista con la chitarra“. La pellicola, infatti, non si limita a una mera ricostruzione biografica, ma riesce a catturarne l’essenza più profonda: quella combattiva, intrisa di dolore ma mai doma, protesa verso un ideale di giustizia sociale e personale. Un’opera che convince profondamente e lascia un segno nello spettatore.
La scelta narrativa, frutto della sceneggiatura scritta dallo stesso Licata insieme ad Antonio Guadalupi, Maurizio Quagliana e Heidrun Schleef, è ambiziosa e funzionale. Abbandonando la linearità cronologica, il film ci restituisce la vita di Rosa per frammenti intensi, salti temporali che illuminano diverse fasi della sua esistenza, dall’infanzia alla vecchiaia.
A dare volto, corpo e voce a queste diverse “Rose” troviamo un trio di attrici in stato di grazia: Anita Pomario incarna la versione giovane dalla freschezza ribelle, Donatella Finocchiaro ne interpreta la complessa età adulta con vibrante intensità, mentre Lucia Sardo regala momenti di toccante verità alla Rosa più anziana, custode di una memoria dolorosa ma mai rassegnata.
Licata non cerca l’agiografia né la facile commozione. Al contrario si immerge – e ci immerge – nel cuore spesso tragico dell’esperienza della sua protagonista. Non nasconde la sofferenza, la violenza subita, la lotta costante contro una società patriarcale che tentava in ogni modo di relegarla ai margini. È proprio questa onestà nel rappresentare il dolore, lo stesso che Rosa infondeva nelle sue canzoni-denuncia, a rendere L’amore che ho un’opera potente e necessaria.
La regia asseconda questa urgenza espressiva: l’uso frequente della camera a mano o a spalla non è un vezzo stilistico, ma un modo efficace per restituire l’inquietudine, il fuoco interiore, la perenne ribellione che animavano l’artista. Il film diventa così, quasi naturalmente, un manifesto femminista, o più precisamente anti-patriarcale, rispecchiando fedelmente l’impegno civile e la visione del mondo di Rosa Balistreri.
Questa dimensione è ulteriormente rafforzata dalla presenza nel cast di attori come la stessa Lucia Sardo e Vincenzo Ferrera, la cui sensibilità su questi temi è acuita da esperienze personali legate alla tragica realtà del femminicidio, portando sullo schermo un’autenticità che scuote.
Un capitolo fondamentale è rappresentato dalla musica, elemento inscindibile dalla figura di Rosa. La supervisione è affidata a Carmen Consoli, artista che non ha mai nascosto la profonda ammirazione e il debito artistico verso Balistreri. Illuminanti le sue parole rilasciate in conferenza stampa, dove ha definito quella di Rosa una “rivoluzione culturale” prima ancora che musicale: una donna che si è affrancata dall’analfabetismo, ha imparato a scrivere le proprie canzoni, si è circondata di figure intellettuali di spicco come Renato Guttuso. Un monito a perseguire oggi una simile rivoluzione culturale per evolvere come individui e società.
L’amore che ho colpisce per la sua forza e la sua sincerità. Non è solo il ritratto dovuto a un’artista immensa, ma un’opera che risuona potentemente nel nostro presente, ricordandoci l’importanza della memoria storica, della lotta per l’emancipazione (soprattutto femminile) e del valore della cultura come strumento di liberazione.
Curiosità
La pellicola è stato prodotta con il contributo della Sicilia Film Commission.