Dove vederlo: Al cinema
Titolo originale: L’isola degli idealisti
Regia: Elisabetta Sgarbi
Sceneggiatura: Eugenio Lio, Elisabetta Sgarbi
Cast: Tommaso Ragno, Elena Radonicich, Michela Cescon, Renato Carpentieri
Musiche: Michele Braga
Produzione: Italia 2025
Genere: Drammatico
Durata: 114 minuti
Crediti foto: Simona Chioccia
Trama
In una fredda notte di gennaio, due giovani rapinatori in fuga dalla polizia approdano su un’isola abitata da un’unica famiglia, i Reffi. Intrusi e locali entreranno presto in connessione fra loro, finanche intrecciando rapporti sentimentali e di amicizia.
Recensione
Ambientato negli anni Sessanta, L’isola degli idealisti racconta la storia di un incontro particolare. Oltre a narrare una storia avventurosa, il film – tratto dal romanzo perduto di Giorgio Scerbanenco e pubblicato come inedito da La Nave di Teseo nel 2018 – ha una duplice chiave di lettura, evidenziando i temi fondamentali della vita e mettendo a confronto psiche ed emotività. La famiglia Reffi, rigidamente avvitata su stereotipi inflessibili, si lascia tentare dalla novità dei “forestieri”, prova ad aprirsi sperimentando il gusto dell’accettazione.
La regia di Elisabetta Sgarbi agisce come una rivelazione visiva che attenziona il comportamento dei vari personaggi, impegnati inevitabilmente in un doppio gioco di verità e finzione, mescolando sapientemente luci ed ombre, estrapolando il passato nel presente. La luce fredda è delegata a rappresentare i membri della famiglia, claustrofobicamente dediti a regole e senso del dovere, imbrigliati in una disciplina autoimposta che si traduce anche in dolore di costrizione.
Il confronto, quindi, tra gli isolani e i due rapinatori porterà a rompere quella barriera emotiva che sembra un disperato grido di aiuto proveniente da entrambi i gruppi. Dalla pellicola emerge l’aspetto introspettivo e filosofico di una neocollettività isolata, descritta con magistrale e maniacale cura del dettaglio.
Gli ambienti e la fotografia trasudano una suspense costantemente trattenuta, i paesaggi sconfinati si infrangono nella natura stessa dei personaggi, nel loro personale, eremitico esilio. I dialoghi, ridotti all’essenziale, sottolineano profonda riflessione assecondata da un ritmo lento che invita gli spettatori alla comprensione dei temi espressi.
Raggiunti i titoli di coda, si ha la vivida impressione di essere stati toccati da un umido, drammatico, invasivo dagherrotipo che rimescola parzialmente anche la nostra dimensione.
Curiosità
Elisabetta Sgarbi firma il suo sesto lungometraggio, ancora una volta girato a Ferrara.