- Cinema e divano

The Shrouds – Segreti sepolti

Dove vederlo: Al cinema

Titolo originale: The Shrouds

Regia e sceneggiatura: David Cronenberg

Cast: Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt

Musiche: Howard Shore

Produzione: Francia, Canada 2024

Genere: Thriller

Durata: 119 minuti

Trailer

   

Photo credits: Gravetech Productions Inc

 

Trama

Rimasto vedovo di Becca (Diane Kruger) da quattro anni, Karsh (Vincent Cassel) ha faticosamente trovato il modo di elaborare il lutto, sebbene in modo del tutto proprio. Grazie ai suoi ingenti mezzi finanziari ha fondato una società, la Gravetech, specializzata nella fabbricazione di sudari speciali che permettono di riprendere con videocamere i defunti e farli osservare post mortem ai congiunti attraverso un dispositivo elettronico.

Karsh può così osservare Becca in ogni momento, anche da morta. Tuttavia, il cimitero tecnologico subisce un attacco hacker informatico: Maury (Guy Pearce), cognato di Karsh, e Terry, sua ex moglie e sorella di Becca, si adoperano per scoprire i colpevoli e le loro reali motivazioni.

Recensione

The Shrouds – Segreti sepolti, ultima fatica dell’intramontabile David Cronenberg, affronta il tema più controverso dell’esistenza terrena e reale, scontrandosi in modo brusco, seppur rispettoso, con la concezione teologica del paradiso celeste. Il protagonista utilizza la tecnologia per mantenere un legame con il corpo della sua amata defunta, una connessione che permane nel mondo reale, senza limitarsi all’astrattezza che la religione è in grado di presentare.

L’imprenditore (apparentemente) imperturbabile e apatico, dichiaratamente ateo, interpretato da Vincent Cassel, ascolta il silenzio assordante delle sue credenze che gli impediscono di vivere le naturali fasi del lutto, culminando in un lentissimo collasso delle proprie idee e convinzioni sulla donna che amava e sul mondo che lo circondava.

Karsh, per quanto ci provi, non riesce e non può sfuggire alla sua mente e alla realtà che egli stesso venera e tenta di elevare, finendo per vivere quella che sembra diventare la sua peculiare spy story. In merito, Cronenberg ha affermato in videoconferenza post anteprima a Roma il 31 marzo:

L’illusione di una cospirazione che solo io posso vedere e capire è solo un modo per elaborare il lutto ma, in base alla mia esperienza, posso dire che nessuna di queste strategie serve a liberarsi dal dolore, compreso questo film.

Sulla questione religiosa e sulle motivazioni che l’hanno spinto a scrivere e dirigere The Shrouds, Cronenberg risponde deciso:

Non credo a una vita dopo la morte: nel momento in cui il corpo muore, anche la realtà è morta. Ho scritto The Shrouds per elaborare la scomparsa di mia moglie. Se n’è andata nel 2017, dopo 43 anni di matrimonio. A quel punto credevo che non sarei più stato in grado di fare un film, ma poi ho pensato di dover, in qualche modo, affrontare la questione del lutto, della morte e dell’amore.

Il regista canadese, autore di tanti cult che hanno segnato la nuova frontiera dell’horror, ha saputo tracciare un decumano fondamentale nel fitto dedalo del genere, inventando prima il body horror (pensiamo a Rabid, Brood, Videodrome, Inseparabili) e poi riscrivendo parte del filone thrilling (Spider, A history of violence, Cosmopolis) fino a questo suo 24° lungometraggio.

Qui mette a nudo se stesso in un’analisi intima e personale della natura umana in cui amore e morte si mescolano in una sorta di delirio emotivo volto a collocare il vivente a metà tra l’accettazione e la negazione. The Shrouds è parte di un continuum inerente all’esplorazione dei labili (e pericolosi) confini fra tecnologia, corpo e mente e mira a generare un’ampia riflessione sui temi del dolore e della memoria.

Ne è scaturita una sceneggiatura lenta e accogliente, seppur a tratti un po’ monotona, in cui il dolore viene gestito con una calma frenetica, strumentalizzando l’individuo, la sessualità e il progresso tecnologico, per poi sfociare nel vaneggiamento:

Quando inizi a scrivere una sceneggiatura, essa smette di essere realtà e diventa finzione, perché i personaggi che crei prendono forma e diventano vivi, e sono loro che ti dettano chi sono e cosa vogliono fare.

L’interpretazione di Cassel, Diane Kruger e Guy Pearce è risultata naturale, a tratti normale nelle scene di vita quotidiana, abbinandosi in modo ottimale con il ritmo flemmatico dell’opera, che viene sostenuto dalle musiche altrettanto placide e apatiche di Howard Shore. La regia rispecchia perfettamente lo stile inconfondibile di Cronenberg, in cui prevale un’iconica esaltazione del corpo in contatto con il progresso scientifico pseudo-utopistico.

Ciò nonostante, per quanto la tecnologia possa fondersi con l’umanità, ci sarà sempre qualcosa di naturalmente umano, poiché “il corpo è tecnologia e la tecnologia è il corpo.” Dopo oltre cinque decenni di carriera, l’instancabile cineasta di Toronto sembra avere ancora tanto da dire.

Curiosità

Cronenberg spiega così il significato del titolo: “In inglese, ‘shroud’ indica il velo funerario, ma ha anche altri significati” – ha dichiarato – “Può significare ‘coprire’ e ‘nascondere’. La maggior parte dei rituali funebri riguarda proprio l’evitare la realtà della morte e ciò che accade a un corpo. In questo caso è un’inversione della normale funzione di un sudario. Qui serve a rivelare, piuttosto che a celare.”

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Stefano Federico

Dal Salento con amore. Sono un aspirante giornalista, laureato in Sociologia e Criminologia all’Università “G. D’Annunzio” di Chieti. Sin dall’infanzia mi è stata insegnata l’importanza e la bellezza della Settima Arte e sono cresciuto in un ambiente in cui il cinema, la musica e la letteratura mi hanno fatto da fratello maggiore. Adesso, finalmente, è arrivato per me il momento di ricambiare il favore.
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