Non bastava la lunga serie di video sulla famiglia felice (e ricca), con tanto di commenti sui Ferragnez supergenitori premurosi e perfetti e i grandi post acchiappalike imperversanti sui social (solito sfoggio di gran classe e assoluto sprezzo della privacy).
Prezzemolino Fedez ha inteso nondimeno comparire sul palco durante l’annuale Festa dei Lavoratori del 1° maggio per iniziare a parlare a ruota libera – fogliettino in mano – di omotransfobia, identità di genere, diritti degli omosessuali e quel benedetto ddl Zan vergognosamente osteggiato – nel suo iter di legge – da Ostellari & Co, i componenti della “Super Lega” macchiatisi di “aforismi” gravemente esecrabili all’indirizzo della comunità LGBT.
Frasi come “Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno”, “I gay… comincino a comportarsi come persone normali” e “Gay, vittime di aberrazioni della natura” (ad attribuire nomi e cognomi ci ha pensato l’oratore sotto i riflettori) fanno davvero venire la pelle d’oca per lo schifo e lo sdegno che sono capaci di suscitare.
Giusto che Federico Leonardo Lucia abbia voluto elencare le varie riprovevoli citazioni, rimarcando il lato oscuro e vomitevole di una frangia della politica italiana abbisognante di una bella rinfrescata in termini di condotte signorili, etica, moralità e ragione. Chiude evidenziando un’altra piaga, ovvero l’atteggiamento antiabortista manifestato da altri esponenti del Carroccio.
Il giorno di Fedez
Bene, un discorso quello di Fedez che non risparmia nessuno e che indubbiamente andava fatto… ma non su quel palco, dedicato ai lavoratori, alla loro voce e a quella degli artisti che con le loro performance ne sostengono la causa. Esistono programmi e soprattutto contesti in cui poter allineare e dare enfasi alla specifica materia sociale.
Il 1° maggio non doveva essere il giorno di Fedez, che ai “festeggiati” ha concesso nel suo j’accuse soltanto 40 secondi effettivi invocando genericamente manovre e riforme per i lavoratori messi in ginocchio dalla crisi pandemica. Il punto non è il contenuto del soliloquio di Fedez, né la scelta di assumersi le proprie responsabilità, tanto meno il suo rivolgersi al Presidente del Consiglio come fosse un compagno di stanza (caro Mario), bensì l’aver monopolizzato per oltre 4 minuti – dopo le sue due canzoni – uno spazio predisposto da una rete pubblica nazionale per lanciare un messaggio altro.
La sede del monologo doveva essere altrove, per dare oltretutto l’occasione alla controparte di poter rispondere alle accuse del rapper.
La telefonata prima del concerto
La questione è stata oggetto della telefonata intercorsa tra la vice direttrice di Rai3 Ilaria Capitani, due suoi collaboratori e Fedez la sera prima del concertone, in cui si invitava lo “showman” ad adeguarsi al sistema, una richiesta che lo ha mandato su tutte le furie originando un alterco unidirezionale.
L’accusa di censura preventiva
Il buon Fedez grida alla censura e non esita a diffondere su internet la conversazione registrata, ma in versione ridotta della durata di 2.19 minuti, strategicamente tagliata e rimontata a partire dall’originale, 11.50 minuti (si sente odore di paradosso con un pizzico di incoerenza). In Rai avranno poi pensato: costui vuole farci vincere a mani basse.
Il marito di Chiara Ferragni – puntuale l’ammirazione dell’influencer, che ha sbandierato con puntualità svizzera l’orgoglio per il “coraggio” (la blonde star dovrebbe aprire il dizionario e leggere la definizione corretta) dimostrato dal consorte – ha divulgato pubblicamente sui suoi canali social la registrazione dell’interlocuzione telefonica.
All’Adnkronos, l’ex Garante della Privacy Antonello Soro ha spiegato: “Divulgare una conversazione telefonica anche lecitamente registrata senza il consenso è contro le regole che disciplinano la protezione dei dati personali. Il punto è che, se Fedez fosse un operatore dell’informazione, ci muoveremmo dentro una consolidata interpretazione che fa prevalere il diritto all’informazione quando sono in gioco questioni di interesse pubblico rispetto alla tutela della privacy.
In questo caso specifico, Fedez non è un operatore dell’informazione, e questo pone questioni più complesse: lui esprime le sue opinioni e c’è un diritto di libertà di opinione che va tutelato, dall’altra non è detto che la tutela di questo diritto sia capace di bilanciare la lesione del diritto di chi è stato registrato in modo unilaterale.”
Ogni modo la Rai, dall’altra parte della cornetta, si era espressa sottolineando che “prendere un microfono e usare una telecamera in un contesto diverso da quello che può essere una tribuna politica non è corretto”. “Sono scioccato” – risponde Fedez – “Voi come servizio pubblico avete il potere di censurare chi volete.”
Linee guida e regole del servizio pubblico
Testa dura lui, a non comprendere le direttive Rai che, contrariamente a quanto recepito, non corrispondono a manifestazioni di censura bensì a precise linee guida da rispettare in virtù proprio del principio stesso di servizio pubblico, ergo suscettibile di regole preventivamente stabilite. Un qualunque padrone di casa ha facoltà di contattare per telefono i futuri ospiti chiedendo loro, ad esempio, di non urlare l’indomani entro le mura domestiche. Voi ci vedete qualcosa di dittatoriale?
Il cappello della Nike e la pubblicità occulta
Peraltro, quel cappello della Nike? Il Codacons ha annunciato “un esposto all’Antitrust e alla Commissione di vigilanza Rai affinché sia avviata un’inchiesta volta a sanzionare chi ha permesso a Fedez di realizzare, attraverso il concerto del 1° maggio e gli schermi Rai, un mega spot pubblicitario a favore della Nike, di cui il rapper indossava un cappellino con il marchio ben in vista”, quindi “un’immensa pubblicità occulta alla Nike fatta dal palco del concertone attraverso lo stesso Fedez, in palese violazione delle norme a tutela dei consumatori.”
Sgarbi e quelle canzoni di Fedez
Il 2 maggio Vittorio Sgarbi – le cui ospitate in qualità di opinionista risultano sempre inclini alla degenerazione – ha voluto ricordare su Twitter alcune canzoni di Fedez non esattamente gay friendly. Ma come, prima l’artista stornella “Ho un odio represso verso tutte le persone gay”, poi si erge a paladino redento del ddl Zan?
È un’obiezione debole, va detto, in quanto quei testi sono stati scritti in aderenza alla logica del contrario, ergo denunciando e non osannando stili di vita giovanili palesemente condannabili. Non guardiamo al passato ma al presente, allo show pre-durante-post 1° maggio di Fedez, l’ennesima opportunità (studiata ad hoc) per ottenere altra visibilità.
Signori, è tutto così strano!
Il vero monologo sui lavoratori
Beh, dato che in questo sito si parla di cinema, meglio e più “opportuno” ricordare il vero grande monologo inerente il mondo sfaccettato e talvolta drammatico dei lavoratori: quello di Gian Maria Volontè nella straordinaria pellicola di Elio Petri La classe operaia va in paradiso. Fedez lo avrà visto? Nel caso prenda nota.