Sapete cosa c’è in un piatto che ci viene servito al ristorante dopo averlo ordinato? Una molteplicità di valori su cui si fonda la tradizione culinaria e sulla quale lo chef autore è naturalmente edotto.
Qualità, quantità, provenienza, tante ore di lavoro e sacrificio: tutto torna come risultato di un algoritmo creativo che mette in comunione sapori distinti ma destinati ad amalgamarsi, funzionando al pari di una coppia impegnata in un ballo simbiotico dove ciascun passo non può e non deve essere dimenticato.
È ovvio, allora, che il mangiar bene presupponga un’educazione propedeutica alla materia prima perché occorre necessariamente rispettare un assunto basilare: comprendere il piatto prima ancora di degustarlo.
L’orchestra in cucina
La consultazione del menù asseconda luoghi comuni e criteri sterili se non permeata da un discorso riferibile in primis agli elementi dell’orchestra. Sì, un’orchestra: da un antipasto a un primo, un secondo e un dessert, finanché e soprattutto un amuse-bouche, si prevede che profumi, gusto e ricordo papillare rientrino in uno spartito quali note di una sinfonia composta dal musicista con divisa bianca abbottonata e cappello oblungo, coadiuvato e assistito da un team che sa esattamente come suonarla.
Il piatto corrisponde al gran finale, al culmine di una linea che nella cucina di un ristorante segue rigorosi principi, un ordine di disposizione sulla consolle, precisi tempi di cottura, metodi di conservazione e temperature.
Filiera e fattore umano
All’atto di queste considerazioni, va posto l’accento sulla filiera in quanto le origini di ciascun ingrediente hanno preminenza al pari della loro lavorazione. Più la filiera è corta, maggior freschezza e qualità si ottengono in accordo con la stagionalità del prodotto. Il km 0 concorre al raggiungimento di un obiettivo primario, la sostenibilità, termine che potrebbe apparire inflazionato e trend ma mai così fondamentale oggigiorno per ragionare sulla cucina, l’arte bianca, la pasticceria e ogni attività afferente all’edibilità di consumo.
Sarebbe poi un peccato imperdonabile trascurare il cosiddetto “fattore umano”, estremamente decisivo. Passione, cura dei dettagli, inventiva, sapienza, amore, dedizione, genialità si configurano come concetti appartenenti a chi sta ai fornelli, concentrato nel concepire, sperimentare e infine realizzare una nuova delizia.
Essere perciò pienamente consapevoli di ciò che si mangia e si beve quando si sta seduti al tavolo di un ristorante è il primo vero passo verso una corretta fruibilità della scelta alla carta, tradotta in conoscenza alimentare. E non è poco.