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Frollatura della carne: dalla tradizionale alle nuove tecniche

Carne esposta in frigo vetrina

Per gustare al meglio la carne occorre anzitutto conoscere i basilari metodi di conservazione e i processi volti a garantirne freschezza e qualità. Fino a pochi anni fa “bastava” tenere a mente le varie sezioni dell’animale individuando i pezzi migliori e sapere come cucinarli. Oggi, però, il comparto è nettamente progredito e i consumatori sono diventati molto più esigenti.

In tal senso la “frollatura” rappresenta una fase cruciale della filiera alimentare che interessa prettamente la materia prima da utilizzare, la carne. Di frequente vi sarà capitato di entrare in un ristorante o una griglieria rinomata e constatare la presenza di un frigo vetrina a vista in cui si fa bella mostra di tagli di carne di misura e peso variabili. Sono tutti frollati.

La frollatura coincide con il periodo di riposo e stagionatura ad ambiente controllato al quale viene sottoposta la carne per potersi ammorbidire. Dopo l’abbattimento dell’animale e sua macellazione, il muscolo si irrigidisce a causa di repentini cambiamenti di natura soprattutto biochimica, sicché la sua durezza non permette immediata edibilità.

Bisogna che maturi, che diventi tenera e gustosa. La frollatura fa sì che la maturazione avvenga in totale sicurezza, scongiurando i pericoli di essiccamento, proliferazione di microrganismi e batteri dannosi o, addirittura, putrefazione. La carne – appesa a dei ganci – deve quindi frollare in apposita cella frigorifera, a una temperatura compresa fra 0 e 4 °C con umidità non inferiore all’85% né superiore al 90%, e con aerazione costante.

Frollatura: ossigenazione e processo enzimatico

Il procedimento ottimale presuppone di svolgere una fase preliminare nell’ambito della frollatura a secco in osso (dry aging), vale a dire lasciare che la porzione macellata passi gradualmente dai 36°-38° (temperatura corporea dell’animale) ai 4 °C. Questo significa passare prima alla temperatura ambiente, poi arrivare lentamente all’introduzione della carne nella cella di conservazione, laddove l’abbattimento per la refrigerazione deve completarsi entro ca. 20 ore.

Ecco allora che entrano in gioco gli enzimi proteolitici e gli enzimi lipolitici: fondamentali entrambi, i primi scompongono le fibre muscolari aumentando il livello di tenerezza, morbidezza e succosità, mentre i secondi agiscono sui grassi disgregandoli a favore di aroma e sapore. Il muscolo si ossigena e la mioglobina lavora a favore. La carne perde peso, quindi acqua.

La frollatura sottovuoto, una macerazione rapida

Carne sottovuoto

Prima di discutere in merito alle tempistiche riguardanti il processo, è importante precisare che esiste anche la frollatura sottovuoto – altresì detta frollatura umida o wet aging – tecnica molto utilizzata negli Stati Uniti d’America e che si sta diffondendo rapidamente nel Vecchio Continente. In realtà, si tratta più di macerazione rapida che di frollatura, con espulsione di sangue e acqua all’interno del sacchetto privo di ossigeno (frollatura in succo), elemento determinante invece per il processo di frollatura vera e propria.

Rispetto alla frollatura classica, la carne matura in pezzi più piccoli e non in mezzene, sigillata sottovuoto a una temperatura inferiore, compresa tra 0 e 2 °C per ca. una settimana, al massimo una decina di giorni. Vantaggio: carne più tenera senza calo di peso. Svantaggio (secondo alcuni): meno sapore e minor qualità organolettica.

Tempistiche della frollatura tradizionale

Ora, la frollatura tradizionale impone tempi che variano naturalmente a seconda del taglio di carne, tenendo pertanto conto di razza, età e criteri di alimentazione dell’animale. Riassumendo per mera semplificazione:

  • selvaggina: 3-8 giorni
  • carni bianche: max 72 ore
  • carne di maiale: 96 ore
  • carne bovina pregiata (età 16-24 mesi): min. 10-20 giorni fino ai 30.
  • Carni di alto valore: sperimentali le frollature anche di 90-120 giorni (frollatura spinta, tipica del prodotto di nicchia)

La lunghezza temporale di frollatura viene prolungata per l’ottenimento di carni qualitativamente migliori, microbiologicamente sicure in virtù di un’umidità in cella in grado di generare muffa nobile con funzione di protezione e maturazione della carne. La pulizia finale epura dalla parte esterna scurita: quel che resta è il pezzo rosso e fresco a grana compatta.

In sintesi: processando correttamente il muscolo, esso muta in carne pronta da cucinare. Da preferire la cottura breve alla griglia e ad alta temperatura per preservare tenerezza, umidità e sapore.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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