Maneggiando la bottiglia da 33 cl. dalla particolare forma e imbuto ondulato, ci si aspetterebbe la stessa originalità anche nel gusto. Un’illusione l’estetica del packaging, e parecchio fuorviante. La Geneviève de Brabant blanche tradisce in parte la sua categoria, l’intera famiglia delle birre belga e le sue storiche origini risultando un po’ impalpabile.
Inteso che de gustibus non est disputandum, una critica non la possiamo risparmiare.
Struttura della birra
Sulla carta parliamo di una birra bianca dall’aroma fruttato, dalla schiuma cremosa e di nobile essenza. La blanche che ci troviamo ad analizzare si basa sul connubio tra frumento (o meglio una miscela di cereali), grani di coriandolo chiamati a smorzarne l’acidità e buccia d’arancia.
Di consistenza morbida, va bevuta – secondo indicazione nominale – a una temperatura compresa fra i 4 e i 5°C, senonché lo slancio dissetante (in secondo piano rispetto al tono rinfrescante) non ha modo di liberarsi entro questo range. Consigliamo a questo proposito l’incremento di un grado, max due, per ottenere maggior piacevolezza. L’alta fermentazione? Certamente un punto a favore nei termini dell’esaltazione del corpo. 5% vol.? In linea con le chiare appartenenti allo stile in questione.
Origine geografica e società produttrice
Chi lavora nel dietro le quinte di questa birra è la società John Martin S.A. che ha sede a Genval in Belgio, un piccolo villaggio tenutario della storia del marchio Geneviève de Brabant.
Tale nome appartiene all’iconica figura che ha ispirato il grande mastro birraio artefice del prodotto brassicolo evinto dall’età dell’oro dei birrai e che trae vigore dalla ricchezza delle foreste brabantine estese nell’area delle Ardenne.
Essa è costellata di fonti d’acqua purissima, nello specifico la sorgente Bonne Fontaine da cui sgorga acqua termale dalle riconosciute proprietà benefiche.
La leggenda della cerva nella foresta
Stando alla leggenda Geneviève, primogenita del duca di Brabant e moglie del cavaliere Siffroi, rimase incinta alla partenza del marito per la guerra nelle fila dell’esercito di Carlo Martello. Accusata falsamente di adulterio dall’intendente Golo dopo il fallito tentativo di sedurla, venne condannata da Siffroi a morire per annegamento con il bambino.
Dell’esecuzione furono incaricati i domestici che, rifiutatisi, la graziarono abbandonandola nella foresta. Madre e figlio sopravvissero per anni in una grotta grazie a una cerva che li nutrì con il suo latte. Una battuta di caccia in quella zona permise a Siffroi di ritrovare la consorte e apprendere la verità attraverso il miracolo manifesto.
Fece giustiziare il mendace intendente, mentre Geneviéve ordinò l’erezione di una cappella nel luogo del suo ritrovamento per ringraziare la Vergine protettrice.