A vederla sembrerebbe proprio la classica birra tedesca, torbida come da copione weiss e di spesso cappello bianco. Invece la Grolsch Weizen, sebbene imiti lo stile bavarese, è un prodotto brassicolo olandese. E sì, anche in terra orange si realizzano ottime craft beers.
Quella su cui oggi puntiamo i riflettori non solo s’impone ai vertici della classifica delle birre di frumento, ma rispetta in maniera esemplare l’Editto della Purezza, che su sponda teutone è chiamato Reinheitsgebot, legge in vigore da quando è stata promulgata il 23 aprile 1516 da Guglielmo IV.
Così come la Oettinger Pils e la Lagerbier Hell dell’Augustiner Braü (giusto per citarne due), è preparata utilizzando la più semplice ed essenziale selezione di ingredienti: acqua, luppolo, lievito, malto di frumento e malto d’orzo.
È una hefeweizen non filtrata, di colore opalescente, che concentra lieviti e sostanze proteiche in sospensione dando corpo a un nettare dal bouquet aromatico intensamente fruttato, in cui prevale la dolcezza della banana con una nota delicata di garofano.
Alto-fermentata, si presenta con un’abbondante schiuma fine e compatta, persistente e molto profumata. Servita fresca, la Grolsch ha dalla sua il fatto di essere beverina e dissetante, saporita e rinfrescante (alla temperatura di 4-5 °C), dalla gradazione alcolica non superiore al 5,1%.
Il birrificio Grolsch
Chi la produce è il Birrificio Grolsch, azienda con sede a Groenlo, fondata nel 1615 su iniziativa di Willem Neerfeldt. Dal 2008 di proprietà del SABmiller, si piazza al secondo posto fra le realtà brassicole olandesi e al ventunesimo nel mondo, attestando la sua produzione a ca. 3,2 milioni di hl di birra all’anno.