La filiera alimentare italiana mantiene costante gli elevati standard di qualità in virtù delle ottime materie prime e dei relativi efficienti processi di lavorazione e trasformazione. E quando nel circuito entrano i Presidi Slow Food, assistiamo a un’enorme amplificazione dei valori di freschezza e bontà.
L’ultimo arrivato nel gota delle risorse edibili è il grano Marzellina, una varietà coltivata a oltre 500 metri di quota nel territorio provinciale di Avellino e Benevento in Campania. Al progetto della sua salvaguardia aderiscono cinque aziende, impegnate ad applicare idonee tecniche di coltivazione biologiche a un’area di complessivi 30 ettari trattati – secondo il disciplinare di produzione – con concime organico evinto da letame maturo proveniente da allevamenti rispettosi dell’ambiente e del benessere degli animali.
Storia lunga, radici forti: un grano duro versatile
Detta anche verminia, il Marzellina è autoctono delle montagne appenniniche campane. Parliamo in sintesi di una pianta rustica dalle radici forti, in grado di adattarsi molto bene a un’altitudine atipica, fino ai 1.000 metri s.l.m. Esteticamente si presenta a paglia bianca e corta, mostrando una spiga compatta e aristata, dal seme lungo e aguzzo.
All’inizio del ‘900 questa varietà faceva la felicità degli agricoltori di San Bartolomeo in Galdo nel Beneventano poiché poteva vantare straordinarie qualità organolettiche e un grandissimo vantaggio su altre colture: la possibilità di essere seminata tra febbraio e marzo.
“Era ed è tuttora una sorta di jolly” – spiega la referente Slow Food del Presidio Giusi Iamarino – “La Marzellina supplisce alle eventuali mancanze di semina di grano dell’autunno precedente rendendo bene alla fine dell’inverno.” Eppure proprio le alte rese di differenti varietà hanno contribuito all’emarginazione del grano Marzellina, rimasto nell’ombra dalla metà del secolo scorso fino a oggi. Il suo recupero significa rivalutazione di una coltura estremamente preziosa. La raccolta avviene di norma ad agosto estendendosi ai primi giorni di settembre.
La convenienza nel seminarlo è tangibile in quanto adattabilità e resistenza fanno sì che siano pochi gli interventi da effettuare sul campo, come specifica il referente di produzione Leonardo Roberti:
“Il grano Marzellina ha una resa inferiore agli analoghi sul mercato, solo 2,5 tonnellate per ettaro. Stiamo però cercando di ottimizzare il quantitativo destinando in parte l’impiego a panificazione e prodotti da forno. Tali progetti risultano necessari al fine di sostenere l’economia di un territorio a vocazione cerealicola ma progressivamente abbandonata sul piano agricolo. Questa varietà unica può fare da innesco nell’offrire stimoli ai giovani, tutelando e aiutando la nuova generazione di agricoltori nel tentativo fondamentale di responsabilizzarli.”
Photo credits: © Oliver Migliore