Dove vederlo: al cinema
Titolo originale: The Black Phone
Regia: Scott Derrickson
Sceneggiatura: Scott Derrickson, C. Robert Cargill
Cast: Ethan Hawke, Jeremy Davies, Mason Thames, Madeleine McGraw
Musiche: Mark Korven
Produzione: USA 2021
Genere: Thriller
Durata: 103 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Una tranquilla cittadina di provincia è sconvolta dalla scomparsa di alcuni adolescenti, rapiti da uno psicopatico soprannominato “Il Rapace”. L’ultimo, Finney Shaw (Mason Thames), viene aggredito in pieno giorno e rinchiuso dal folle in un seminterrato insonorizzato. Il ragazzo scopre di poter dialogare con le precedenti vittime attraverso un vecchio apparecchio telefonico dismesso.
Intanto la sorella Gwen (Madeleine McGraw) collabora con le autorità per ritrovare Finney.
Recensione
La Blumhouse Pictures e Scott Derrickson rappresentano senza dubbio un’accoppiata vincente nelle produzioni horror dell’ultimo ventennio, sebbene il regista abbia spesso alternato i finanziatori (Bruckheimer, 20th Century Fox, Marvel) ben disposti ad assecondare il suo stile dark-cronachistico.
Di fatto Black Phone costituisce la seconda collaborazione con Jason Blum, adattamento cinematografico dell’omonimo racconto scritto da Joe Hill e inserito nella raccolta Ghosts. Purtroppo, però, il sodalizio di Derrickson con Ethan Hawke (ancora nel cast dopo Sinister) non dà i frutti sperati maturando una delusione crescente durante la visione del film e culminando in un finale scevro di qualunque colpo di scena, twist e quant’altro ci si dovrebbe attendere.
Colpa di una sceneggiatura (opera dello stesso Derrickson insieme a C. Robert Cargill) piatta e priva di nerbo, spoglia di qualunque trovata arricchente o alternativa alla fiacca matrice letteraria. Black Phone è un teen movie imbastito sulla follia indecifrabile di un orco moderno (o uomo nero che dir si voglia) e le storie scolastico-familiari di alcuni giovanissimi studenti.
L’IT di Stephen King incontra Amabili resti di Alice Sebold (entrambi trasposti con successo al cinema). De I 400 colpi, invece, nessuna traccia, seppur il regista avesse espresso nella fase pre-realizzativa la volontà di rievocare per sommi capi il capolavoro di François Truffaut. Promettente l’incipit, banalotto l’epilogo, superfluo il narrato fra i due estremi.
Un thriller che non resta, eccezion fatta per la folkloristica maschera del Rapace.
Curiosità
Derrickson ha ricreato l’atmosfera che si respirava ai tempi in cui era un ragazzino pieno di ansie e paure, vissuto in un quartiere a nord di Denver.