Titolo originale: 28 days later
Regia: Danny Boyle
Sceneggiatura: Alex Garland
Cast: Cillian Murphy, Brendan Gleeson, Christopher Eccleston, Naomie Harris
Musiche: John Murphy
Produzione: Gran Bretagna 2002
Genere: Zombie Movie
Durata: 112 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
28 giorni dopo lo scoppio di una strana epidemia diffusa da scimmie liberate da un laboratorio, il giovane Jim (Cillian Murphy) si risveglia in un letto d’ospedale e completamente solo. Uscito dalla struttura, si ritrova in una Londra deserta e spettrale, improvvisamente costretto a fuggire da zombies inferociti. Insieme a un piccolo gruppo di sopravvissuti, tenta di raggiungere una roccaforte dove gli esseri umani sembrano non essere stati infettati.
Recensione
Dopo essersi lungamente dedicato agli eccessi dell’individuo e alla sua ribellione a una società troppo “stretta”, Danny Boyle si misura con un genere apparentemente antitetico al suo modo di fare cinema, l’horror: 28 giorni dopo ha, però, nuovamente a che vedere con il libero arbitrio dell’essere umano e le molteplici sfaccettature che intercorrono nell’esistenza dell’elemento sociale.
In un contesto fortemente marcato da una matrice di stampo apocalittico, Boyle dissemina ovunque indizi controversi e atti di tacita sovversione allo status quo instaurato in ambiti storici e globali: non è un caso, ad esempio, che il primo non-morto incontrato (e definitivamente ucciso) dal protagonista sia un prete, o che il pericolo maggiore provenga in seguito da una banda di militari fanatici e anarchici.
L’opera va letta secondo una prospettiva ben lontana da quella necessaria a interfacciarsi con il filone orrorifico inaugurato e portato avanti dal maestro George A. Romero, molto più incline alla totalitarietà che alla peculiarità degli eventi.
Tutti i vari simbolismi e le estremizzazioni presenti nella pellicola permangono nella loro più efficace rappresentazione, facendo però storia a sé e abbandonando pian piano una filosofia che Boyle non riesce a tenere compatta, sfilacciandola secondo un montaggio talvolta asimmetrico e una fotografia esageratamente fredda.
Come già verificatosi ne La notte dei morti viventi (e nel remake di Tom Savini), anche in 28 giorni dopo si preferisce non dare adito a teorie razziste e xenofobe, affiancando al protagonista una giovane ragazza di colore. Contenitore interessante ma privo di magnetismo e spunti originali, pavidamente abbottonato, condannato a un finale afono, preludio di un sequel.
Curiosità
Al termine dei titoli di coda c’è un finale alternativo.