Titolo originale: Ariaferma
Regia: Leonardo Di Costanzo
Sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero, Valia Santella
Cast: Toni Servillo, Silvio Orlando, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano
Musiche: Pasquale Scialò
Produzione: Italia 2021
Genere: Drammatico
Durata: 117 minuti
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Giudizio:
Trama
Un carcere in dismissione incappa in un disguido burocratico, a causa del quale una dozzina di detenuti viene ancora trattenuta in attesa del trasferimento. L’istituto detentivo diventa una sorta di limbo a tempo, con le ormai poche guardie penitenziarie chiamate a prendere le redini della struttura controllando i carcerati.
Con il passare dei giorni, la distanza canonica tra le due fazioni va allentandosi e parimenti le regole su cui dovrebbe basarsi l’istituzionale muro divisivo. Anche la diffidenza di Gaetano Gargiulo (Toni Servillo), capo delle guardie, nei confronti del camorrista Carmine Lagioia (Silvio Orlando) lentamente vacilla lasciando posto – complice l’interno di una grande cucina – a un sentimento molto simile all’indulgenza.
Recensione
È il quarto lungometraggio di Leonardo Di Costanzo e una brillante conferma della sua poetica umana e umanistica. Ariaferma vuole anzitutto offrire una continuità all’intimistica narrativa costruita prima da L’intervallo (2012) e poi da L’intrusa (2017), ma con un valore aggiunto da individuare evidentemente nel tipo di produzione cinematografica.
Quest’ultima opera gode infatti di un giusto e sacrosanto riconoscimento concesso agli sforzi registici di Di Costanzo, premiato con un budget nettamente superiore rispetto ai precedenti lavori ma, soprattutto, la disponibilità totale di un cast di prestigio nel quale spiccano naturalmente Toni Servillo e Silvio Orlando.
Il concreto passaggio di livello qualitativo non snatura tuttavia la profondità contenutistica tessuta dal cineasta ischitano, che resta pienamente coerente al proprio modus descrittivo e a una vocazione sociale esemplare. Ariaferma è esattamente ciò che il titolo vuole esprimere: immane immobilità, apparente acquiscenza dell’immagine all’eternità e alla ripetitività del quotidiano, il tutto circoscritto a un penitenziario la cui fatiscenza rispecchia la decadenza di un sistema, controbilanciata però dall’anima tutt’altro che morta dei detenuti.
E così, insieme a loro e alle guardie finiamo anche noi, spettatori empatici catturati dall’attesa di una situazione fragile, laddove la quiete sembra preludere alla tempesta… una tempesta che non arriva mai, procrastinata dal lento evolversi di eventi indecisi. Carcerieri e carcerati condividono il medesimo spazio nell’ottica di un’improbabile comunità, qualcosa che, parafrasando Carmine Lagioia, “non si era mai visto”.
La pellicola, concentrica sia spazialmente che temporalmente (le celle sono disposte in cerchio e i giorni si susseguono l’uno uguale all’altro in virtù del principio di circolarità), sottolinea quella che s’impone come atavica diffidenza fra gli uomini, qui giustificata dalla perenne paura di una rivolta. S’innesca un gioco di reputazioni compromesse, alcune delle quali paiono ambire a una redenzione forse troppo debole per emergere ma ogni modo esistente.
È però altresì vogliosa di emergere quella solidarietà fra individui probabilmente più forte e prevalente della paventata diffidenza, una solidarietà che si fa teneramente conviviale attorno a una lunga tavola in occasione di una cena al buio a lume di torcia. Un lirismo, quello di Di Costanzo, che ricorda il Neorealismo, un Sciuscià di De Sica proiettato in una dimensione chiaramente più adulta e matura.
Bello e meravigliosamente pragmatico sotto ogni aspetto, Ariaferma è un irrinunciabile sigillo su un autentico cinema ritrovato, finalmente consapevole di ciò che può dire e fare.
CINEFOCUS
Lagioia della Genovese nell’Ariaferma del carcere
Curiosità
Dal coinvolgimento in produzione della Fondazione Sardegna Film Commission si intuisce che il carcere si trova in qualche zona impervia dell’isola sarda, sebbene nel film non si menzioni mai il luogo in cui la vicenda si svolge.
Autore foto a sinistra: Gianni Fiorito