Titolo originale: The girl with all the gifts
Regia: Colm McCarthy
Sceneggiatura: Mike Carey
Cast: Sennia Nanua, Gemma Arterton, Glenn Close
Musiche: Cristobal Tapia de Veer
Produzione: Gran Bretagna 2016
Genere: Zombie Movie
Durata: 110 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Da anni ormai la Gran Bretagna combatte contro una pandemia fungina che ha reso buona parte della popolazione un’orda di zombie. I “famelici”, come vengono comunemente chiamati da chi non è ancora stato contagiato, hanno però un punto debole: i più giovani, infatti, conservano un’anima scatenando la furia omicida solo in presenza della fame.
Un gruppo di bambini viene così catturato e imprigionato in un bunker militare per fare da cavia alla dottoressa Caldwell (Glenn Close), in cerca di una cura. La scienziata sta per mettere le mani su Melanie (Sennia Nanua), ragazzina molto più intelligente e perspicace dei suoi simili, quando la base viene invasa dai famelici costringendo alla fuga la stessa Melanie, l’insegnante Helen Justineau (Gemma Arterton), la Caldwell e il sergente Eddie Parks (Paddy Considine).
Fuori dai confini del campo, i fuggiaschi affrontano insidie pericolose e la desolazione più cupa e profonda.
Recensione
Quando Colm McCarthy e Mike Carey si misero a lavorare sull’adattamento del romanzo di quest’ultimo, The girl with all the gift, si erano convinti di poter offrire un’originale declinazione del tema romeriano legato naturalmente agli zombie. Il risultato ottenuto dà torto a entrambi poichè né il libro, né tantomeno la sua trasposizione cinematografica divergono dalla consueta classicità.
Distinguere le generazioni di non morti puntando sull’innocenza dei più giovani, usati come carne da macello per la sintetizzazione di una cura, fa sicuramente vibrare le corde dell’etica stuzzicando anche la morale: una storia vecchia, nuovamente riproposta per dare al tutto un taglio più umano e meno horror.
Entrano in gioco le prospettive femminili, che scrutano in una dimensione pre-adolescenziale dove rientra la componente del mito, il racconto del vaso di Pandora cui allude il titolo originale, rieditato nell’italiano La ragazza che sapeva troppo (l’omonimo film del 1963 diretto da Mario Bava niente ha a che fare con la pellicola di McCarthy).
Da statica, la vicenda diventa dinamica, ma proprio questo dinamismo causa irrimediabile dispersione di interesse, che scema con la fuga al di là delle reti di recinzione del gruppo costituito.
Sarebbe stata vincente l’idea di infondere alla narrazione una verbosità di confronto serrato fra le personalità di Melanie, Justine e Catherine Caldwell, interpretata da una Glenn Close cinica e asciutta, minimale nel porsi, tragica nel rincorrere la speranza di riuscire a dissezionare la sua mancata cavia per offrire l’agognata possibilità di salvezza al mondo alla deriva.
Invece niente, si ricorre stancamente alla sopravvivenza on the road, scoprendo l’origine dell’infezione fungina, una tribalità di ritorno, l’intontimento del famelico che possiede una forte connotazione metaforica ormai inflazionata.
Curiosità
She who brings gifts fu il titolo di lavorazione scelto durante le riprese.