Titolo originale: The invisible man
Regia e sceneggiatura: Leigh Whannell
Cast: Elisabeth Moss, Oliver Jackson-Cohen, Aldis Hodge
Musiche: Benjamin Wallfisch
Produzione: USA 2020
Genere: Fantascienza
Durata: 124 minuti
Regia:
Interpretazione:
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Giudizio:
Trama
Schiacciata da una relazione fatta di vessazioni, controlli ossessivi e violenze psicologiche, Cecilia (Elisabeth Moss) scappa di notte dalla lussuosa abitazione del compagno Adrian (Oliver Jackson-Cohen) per trovare un po’ di serenità dall’amico di lunga data James (Aldis Hodge). Appena due settimane dopo, apprende dal cognato che Adrian si è tolto la vita lasciandole in eredità 5 milioni di dollari.
Cecilia si appresta a condurre una nuova e felice esistenza, ma una serie di indizi inquietanti la portano a credere che l’ex compagno non sia morto e che la stia osservando da molto vicino, invisibile all’occhio umano. Verità o primi segni di pazzia in una donna vittima del proprio passato?
Recensione
Risale al 1881 il famoso romanzo L’uomo invisibile di H.G. Wells e al 1933 la prima rappresentazione cinematografica assoluta realizzata da James Whale. Da allora il cinema si è sbizzarrito a voler rendere sempre più nitido e spettacolare quel personaggio letterario spuntato dall’atavico desiderio dell’uomo di spiare e agire senza essere visto, influendo indisturbato su vicende e situazioni altrimenti irraggiungibili.
Un’evoluzione che ha via via annullato qualunque elemento comico a favore di un senso di minaccia e inquietudine sempre crescenti. Già, perchè fin dove può arrivare qualcuno che sa di non poter essere scorto, e dunque scardinare tabù e inibizioni per osare oltre i limiti?
Con il suo L’uomo senza ombra, Verhoeven ci aveva dato ben più di un assaggio riguardo le folli declinazioni del potere, liberando la pazzia da delirio di onnipotenza attraverso il Sebastian Caine di Kevin Bacon.
Nel 2020 Leigh Whannell riprende a modo suo il character originale e lo conduce – modernizzato e conformato all’attualità – verso un inedito livello di ambiguità e terrore. Il thriller si fonde così con la fantascienza, un perfetto connubio di generi che consente al regista (al suo terzo lungometraggio ma al decimo script personale) di introdurre la componente psicologica, e di rimando fattori disturbanti quali l’ossessione, l’angoscia, l’opprimenza e un grado di violenza in progressiva ascesa ma senza eccessi.
La cifra complessiva della pellicola si mantiene piuttosto alta per tutta la sua durata, merito tanto dell’equilibrata sceneggiatura quanto dell’ottima interpretazione di Elisabeth Moss, calata completamente nel ruolo della preda attaccata da ogni lato, capro espiatorio senza apparenti vie d’uscita.
Solo 7 milioni di dollari di budget per mettere insieme uno spettacolo che tiene incollati alla sedia dall’inizio alla fine, a dimostrazione che si può ottenere un gran prodotto di finzione non dipendendo necessariamente dall’impiego massiccio di effetti speciali.
Curiosità
Il film, inizialmente destinato alle sale cinematografiche, è poi stato distribuito in Video on Demand a causa della pandemia di Coronavirus.