liv ullmann e david carradine
- Drammatico, Recensioni

L’uovo del serpente

l'uovo del serpente locandinaTitolo originale: Das Schlangenei

Regia e sceneggiatura: Ingmar Bergman

Cast: David Carradine, Liv Ullmann, Gert Fröbe, Christian Berkel

Musiche: Rolf Wilhelm

Produzione: USA, Germania 1977

Genere: Drammatico

Durata: 119 minuti

Trailer

david carradine  liv ullmann e david carradine  i rosenberg in l'uovo del serpente

Regia: stellastellastella

Interpretazione: stellastellastella

Sceneggiatura: stellastella

Musica: stellastella

Giudizio: stellastella

 

Trama

Germania, 1923. Un ex trapezista americano (David Carradine), solo e alcolizzato, è sospettato dalla polizia di aver ucciso il fratello e con lui altre persone, vittime di crudeli esperimenti scientifici. Lo sostiene la cognata (Liv Ullmann), attrice di cabaret.

Recensione

“Chiunque compia il minimo sforzo, può vedere che cosa ci riserva il futuro; è come l’uovo di un serpente: attraverso la fine membrana si riesce a discernere il rettile perfettamente formato…”

Giunge soltanto alla fine la spiegazione di un titolo enigmatico e misterioso, tanto quanto lo è la pellicola di Ingmar Bergman, maestro di un cinema in equilibrio funambolico fra sogno e realtà, chiarezza e ambiguità, sofferenza ed estasi. Mentre ci si interroga sul reale significato dell’uovo del serpente, un truce ritratto di una Germania in ginocchio scorre davanti agli occhi di uno spettatore certamente attonito, che vede moltiplicarsi gli interrogativi in relazione a ciò che sta guardando, alla storia cui sta assistendo.

Il dramma di un protagonista flagellato dal tormento instancabile si intreccia con quello di una nazione in preda a un caos terrificante, risultato di una sconfitta bellica che ne ha svilito l’economia e accentuato l’odio verso la popolazione più altolocata e potente, quella ebrea. Abel Rosenberg è, in sostanza, un morto che cammina fra le macerie di ricordi lontani, percorrendo sfondi rarefatti nei quali fanno capolino violenze, accanimenti e pericolosi silenzi rancorosi.

La celluloide firmata Bergman è materia incandescente che, tuttavia, non prende fuoco, sottintende, soffoca le proprie grida, avviluppa prede invisibili ma concretizza incubi dell’anima, talvolta creando inferni profondamente umani come la depressione, lo smarrimento e la solitudine angosciante. A nulla valgono i tentativi della società teutone di rialzarsi, ridere e cantare quando il buio è tutto intorno, arrivando a colpire e originare la follia o la preoccupazione per un futuro incerto.

L’uovo del serpente è il frutto di un’inquietudine serbata, incapace di esplodere ma in grado di creare una martire, Mamiela Rosenberg, interpretata da Liv Ullmann. Ciò che dell’opera di Bergman non convince, al di là di una regia stranamente di basso profilo, è la scelta di un ritmo dormiente, entro il quale i personaggi proposti paiono semplicemente sopravvivere agli eventi in una costante (falsa) apatia sociale, affogata nel dispiacere lacerante.

L’obiettivo dello svelamento finale cade non in secondo ma addirittura in terzo piano, facendo intendere un ulteriore scopo narrativo assai poco chiaro, orfano di una qualche precisa filosofia antropologica che dal cineasta ci si aspetterebbe.

Curiosità

Ingmar Bergman ha ritenuto questo film il più forte che avesse mai fatto in quanto girato in chiave autobiografica, come rivelato in alcune interviste.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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