Titolo originale: Don’t breathe
Regia: Fede Alvarez
Sceneggiatura: Fede Alvarez, Rodo Sayagues
Cast: Stephen Lang, Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Zovatto
Musiche: Roque Banos
Produzione: USA 2016
Genere: Thriller
Durata: 88 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Decisi a cambiar vita e trasferirsi in California, Rocky (Jane Levy), Alex (Dylan Minnette) e Money (Daniel Zovatto) tentano l’ultimo colpo in casa di Norman Nordstrom (Stephen Lang), ex marine rimasto cieco che ha perduto la figlia ricevendo un risarcimento a sei cifre. il malloppo attira i tre giovani che credono nel furto facile, cadendo tuttavia in una trappola mortale.
Recensione
Dopo aver “staccato la spina” dell’udito in Hush – Il terrore del silenzio, l’home invasion si regala un’altra interessante prospettiva occultando questa volta il senso della vista e ribaltando i ruoli che normalmente ben definiscono buoni e cattivi, protagonisti e villain. La cosa piuttosto originale sta nel fatto che in Man in the dark protagonisti e villain rappresentano un’unica entità rendendo dunque assai difficile prendere posizione riguardo alle azioni compiute.
Il cieco Norman vive la prima parte del film da vittima inconsapevole e per di più afflitta sia da un handicap irreversibile che da un dolore ben più lancinante, la perdita della propria figlia. L’afflizione sa però trasformarsi in un morbo che travalica la cecità oculare divenendo perversione animata da un malsano concetto di giustizia.
Sadismo, ferocia e aggressività sfociano insieme in un impeto di lucidissima follia che prende forza nell’oscurità e tra le maglie di un incubo angosciante. Se sappiamo contare, i villain diventano quattro: tre ladri che vogliono impossessarsi illecitamente di un bene altrui violando un domicilio nel cuore della notte, un padrone di casa che non ha niente da perdere e coltiva un sogno agghiacciante abusando della propria posizione di difensore nella propria isolata dimora.
In un ambiente chiuso, la preda diventa il predatore e il diritto di proteggere i confini dà una buona dose di legittimità alle azioni che ne conseguono. I sentimenti si rincorrono e sorge un acuto dilemma: per chi bisogna realmente provare pietà? Chi è il carnefice? Domande che trovano una risposta più o meno razionale a seconda di quale tipologia di spettatore si interroga, se l’animale morale, l’homo etico o l’essere ligio all’equilibrio sociale.
Le opinioni si sprecano, ma è limpida la formula vincente che porta la pellicola di Fede Alvarez a guadagnare 150 milioni di dollari al botteghino a fronte di un budget di soli 10 milioni. Un grande colpo dietro al quale si cela l’ingombrante figura di uno specialista delle produzioni thriller-orrorifiche, Sam Raimi.
Curiosità
Le critiche ricevute da Fede Alvarez per il remake de La Casa ha spinto il regista a realizzare un thriller incentrato non sullo splatter e il gore ma quasi unicamente sulla suspense: con Man in the dark ha così dimostrato anche una discreta capacità di scrittura.