Titolo originale: Pan
Regia: Joe Wright
Sceneggiatura: Jason Fuchs
Cast: Levi Miller, Hugh Jackman, Garrett Hedlund, Rooney Mara
Musiche: John Powell
Produzione: USA, Regno Unito, Autralia 2015
Genere: Fantasy
Durata: 110 minuti
Regia:
Interpretazione:
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Musica:
Giudizio:
Trama
Dopo essere stato rapito da un orfanotrofio londinese, Peter Pan (Levi Miller), insieme a un giovane Giacomo Uncino (Garrett Hedlund) e alla principessa Giglio Tigrato (Rooney Mara), tenta di salvare l’Isola che non c’è dalla ciurma dello spietato Capitan Barbanera (Hugh Jackman).
Recensione
Non sempre le storie di ragazzi che non crescono e pirati sono già note e molto spesso coloro che conosciamo come nemici possono essere stati amici. Questo vale anche per le avventure di Peter Pan, delle quali Joe Wright nel suo Pan – Viaggio sull’isola che non c’è tenta di raccontarci un altro lato.
Il regista coglie uno degli aspetti più affascinanti, ma allo stesso tempo più misteriosi dell’eroe di J.M. Barrie, ossia le sue origini. Le colloca in un orfanotrofio di una Londra di qualche anno successiva rispetto a quella vittoriana dell’opera originale, le cui strade buie e grigie si pongono come un controcanto perfetto alle atmosfere sognanti sia dell’adattamento Disney, sia del Peter Pan realizzato da Hogan nel 2003.
Wright ci mostra Peter all’inizio della sua epopea fantastica, abbandonato da una madre desiderosa di proteggerlo da una minaccia non ancora ben definita. Il ragazzo vive insieme a quelli che diventeranno i bimbi sperduti, come una sorta di Oliver Twist in un orfanotrofio gestito severamente e impoverito da una guerra, probabilmente la Prima Guerra Mondiale.
Al contrario di quello che siamo abituati a sapere, Peter non rifiuta categoricamente il legame con i genitori, ma anzi vive nella speranza di rintracciare un giorno la madre e inizia a intravedere concretamente questa possibilità quando, condotto come schiavo sull’isola che non c’è, scopre di avere la capacità di volare e di essere il prescelto per guidare una rivolta contro lo spietato pirata Barbanera, monarca assoluto dell’Isola.
L’aspetto più curioso e inedito della rilettura di Wright è il suo gioco di rimandi, per certi versi coerente con la storia che noi tutti conosciamo, che però è interessata a mostrare l’evoluzione dei personaggi sino all’approdo a quei caratteri che Walt Disney consacrò nel 1973.
Così il regista inglese ci mostra un Peter ben lontano dalla spavalderia del suo omologo animato, ma che lentamente ne acquisisce le astuzie e la sicurezza. A lui viene contrapposto un Uncino all’apparenza cinico, ma che ripercorre i tratti della tradizionale canaglia di buon cuore, una sorta di Han Solo al timone del Jolly Roger, anziché del Millennium Falcon.
Il suo personaggio, sebbene venga introdotto con il suo strumento distintivo, non possiede ancora la menomazione alla mano, anche se inizia a temere con anticipo di anni la presenza dei coccodrilli. Accanto a lui troviamo il fedele Spugna, beneducato ma un po’ codardo, e la principessa Giglio Tigrato, stavolta non una bambina dell’età di Peter, ma donna di una tribù.
Il vero malvagio di questa storia è Barbanera, interpretato da un bravo Hugh Jackman, che accoglie una serie di topoi da antagonista, come l’arroganza che maschera un tradimento amoroso o l’ossessione per l’eterna giovinezza, che lo induce a cercare la polvere di fata. Sulle sue labbra la frase simbolo di Peter Pan “Fai pensieri felici” assume un retrogusto amaro e spaventoso.
In un viaggio che ci conduce dalle sirene a Thrilly, con una fotografia ricchissima che riempie gli occhi di luci e colori, Joe Wright non trascura il senso originale dell’opera di J.M. Barrie, ossia l’accento sulla necessità di crescere.
Il focus del suo romanzo di formazione, in assenza di Wendy, si sposta però proprio sull’eroe eponimo, che paradossalmente viene mostrato in quel percorso che, dopo la scoperta delle sue origini fatate, lo condurrà a essere per sempre bambino.
L’azione e l’avventura non mancano e, mischiate a simboli e frasi della storia originaria, non stancano quasi mai. Il finale, nel quale trionfa il rapporto quasi fraterno tra Pan e Uncino, fa sorridere pensando al seguito della vicenda e lascia la curiosità dell’interrogativo conclusivo: “Cosa può andare storto?”.
CINEFOCUS
Il mito di Peter Pan: derivazioni, declinazioni e derive
Curiosità
La canzone che accompagna l’ingresso in scena di Barbanera è Smell Like Teen Spirit dei Nirvana