Titolo originale: Stockholm
Regia e sceneggiatura: Robert Budreau
Cast: Noomi Rapace, Ethan Hawke, Mark Strong
Musiche: Steve London
Produzione: USA, Canada 2018
Genere: Drammatico
Durata: 92 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Stoccolma, 1973. Lars Nystrom (Ethan Hawke) irrompe nella Kreditbank, la banca centrale, per mettere a segno una rapina. L’uomo prende in ostaggio alcuni impiegati e chiede, in cambio della loro liberazione, il rilascio del suo amico Gunnar Sorensson (Mark Strong) di prigione.
La polizia consente a Gunnar di introdursi nella banca per agevolare le trattative: Lars ha, infatti, chiesto “un milione di dollari americani e una Mustang 302 come quella di Steve McQueen in Bullitt”. Il governo svedese, però, non intende cedere e non autorizza il rapinatore a uscire dalla banca con gli ostaggi.
Asserragliati nel caveau, col passare dei giorni i tre prigionieri sviluppano un complesso rapporto di reciproca comprensione con il loro rapitore, soprattutto Bianca (Noomi Rapace), giovane e timida moglie e madre di due bambini, che inizia a sentirsi attratta da Lars.
Recensione
Arriva per la prima volta sul grande schermo un adattamento dell’incredibile storia vera da cui ha preso il nome il celebre fenomeno psicologico della Sindrome di Stoccolma. Il film, diretto e sceneggiato dal canadese Robert Budreau, si ispira a un articolo pubblicato sul New Yorker nel 1975, che spiegava l’origine della sindrome in questione.
Si raccontava della rapina avvenuta nel 1973 presso la Kreditbank di Stoccolma, dove un uomo prese in ostaggio alcuni dipendenti della banca. L’avvenimento divenne un caso mediatico non solo perché a essere colpita fu una delle più importanti banche del paese, ma soprattutto per l’ambiguo legame creatosi tra il rapinatore e gli ostaggi.
Nel lungometraggio, infatti, colpisce subito l’atteggiamento di Lars, sequestratore sui generis, vestito come i protagonisti del film cult Easy Rider, amante delle canzoni di Bob Dylan, fan di Steve McQueen, sbadato, ingenuo, in preda a sbalzi di umore, ma comprensivo e sensibile nei confronti delle condizioni e delle esigenze dei suoi prigionieri.
Questi ultimi lo ripagano con altrettanta empatia, fidandosi più di lui che della polizia e del governo, poco disposti a scendere a patti. La situazione vista sullo schermo sembra assurda e irreale e invece è tutto vero, nonostante il regista si sia concesso delle libertà rispetto alla cronaca giornalistica dell’accaduto.
Non sono tanto i colpi di scena disseminati qua e là, quanto la costruzione complessiva della vicenda a mantenere alto il ritmo di questa dark comedy che al crime preferisce le dinamiche relazionali che scattano tra i protagonisti, spingendo a empatizzare con loro.
Tuttavia, da questo punto di vista, il film avrebbe giovato di un approfondimento psicologico maggiore, che avrebbe corroborato le valide interpretazioni di Ethan Hawke e Noomi Rapace, nei panni di questa coppia sui generis di tenero carnefice e vittima consapevolmente soggiogata.
Curiosità
Ethan Hawke aveva già lavorato con il regista Robert Budreau nell’apprezzato film Born To Be Blue, biografia della leggenda del jazz Chet Baker.