Titolo originale: Sorstalanság
Regia: Lajos Koltai
Sceneggiatura: Imre Kertész
Cast: Marcell Nagy, Miklos B. Székely, Béla Dòra, Daniel Craig
Musiche: Ennio Morricone
Produzione: Ungheria, Germania, Gran Bretagna, Israele, Francia, USA 2005
Genere: Drammatico
Durata: 130 minuti
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Giudizio:
Trama
Il giovane Gyorgy Koves (Marcell Nagy) vive nell’Ungheria occupata dalle forze militari naziste. Dopo aver detto addio al padre, partito per i campi di lavoro tedeschi, è costretto a subire le leggi razziali riservate al popolo ebraico e poi, insieme a molti suoi coetanei, la deportazione nei lager di Auschwitz e Buchenwald.
Recensione
La tragedia della Shoah passa dalla penna dello scrittore ungherese ebreo Imre Kertész che, dopo aver dato alle stampe la sua straziante autobiografia, Essere senza destino, la traspone sul grande schermo curando una sceneggiatura impossibilitata a lasciare spazio a qualunque forma di respiro intellettuale o sofismo scenico.
Della sua drammatica trattazione dei fatti e della rimarcazione delle sofferenze patite durante la prigionia si fa carico il regista Lajos Koltai, la cui proiezione cinematografica non ammette mezze misure ma si appropria di un lirismo tragico che traspira da ogni sequenza, anche la più truce.
Le particolarità di questa pellicola, da annoverare certamente fra le essenziali dell’intera filmografia a tema, si calcolano a partire dall’attenta rilettura caleidoscopica della storia incentrata sullo sterminio di massa degli Ebrei, osservato (e patito) dalla prospettiva di un adolescente sottratto violentemente alla spensieratezza, alla giovinezza e al destino stesso.
Koltai si avvale di una fotografia mutaforma, in continua evoluzione, che gioca con il camaleontico adattamento alle situazioni: la calda lucidità, dedicata alla vita consueta del protagonista, è di getto soppiantata da un filtro che seppia cromaticamente le sequenze più toccanti senza soluzione di continuità, sfiorando molto spesso il bianco e nero ma mai annegandoci. Una patina d’incertezza, somigliante a una coltre opaca che offusca a fasi alterne, pervade la vicenda nella sua totalità.
Contrariamente a plurimi film del passato, Senza destino – candidato all’Orso d’Oro al Festival di Berlino – insiste con acuta lente d’ingrandimento sulla realtà dei campi di lavoro e di transito, in cui la forma più efficace di annientamento era costituita dal massimo disagio e dallo sfinimento fisico.
Koltai, seguendo alla lettera la scrittura guida di Kertész, esige soffermarsi sui dettagli originando una latenza necessaria per garantire la veridicità di ogni minima trasposizione: ben scandite, dunque, tutte le fasi della giornata del deportato, dall’appello mattiniero alle sessioni di lavoro, dal rancio alle doccie, dai mucchi notturni in brande a una piazza fino alle punizioni all’aperto.
Tutto è esplorazione del dolore, dei limiti di sopportazione umani e della speranza come motore di sopravvivenza. L’apparato sonoro tocca la perfezione e dove esso non arriva lo fa la stupenda colonna sonora di Ennio Morricone, a suggello di una dramma evidenziato con scrupolosa attenzione e rara sensibilità.
Curiosità
Nel 2002 lo scrittore Imre Kertész viene insignito del Premio Nobel per la letteratura in quanto “autore di una scrittura che sostiene la fragile esperienza dell’individuo contro la barbarica arbitrarietà della storia.”