Titolo originale: Asa ga Kuru
Regia: Naomi Kawase
Sceneggiatura: Naomi Kawase, Izumi Takahashi
Cast: Arata Iura, Hiromi Nagasaku, Aju Makita, Reo Sato
Musiche: Akira Kosemura, An Ton That
Produzione: Giappone 2020
Genere: Drammatico
Durata: 140 minuti
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Giudizio:
Trama
Satoko (Hiromi Nagasaku) e suo marito Kiyokazu (Arata Iura) non riescono ad avere figli. Dopo la delusione di una serie di trattamenti della fertilità senza successo, scoprono l’esistenza di un ente che accoglie ragazze madri impossibilitate a occuparsi dei propri bambini, per favorirne l’adozione. Decisi a intraprendere questa strada, accolgono il neonato Asato (Reo Sato), figlio di Hikari (Aju Makita), una giovane di 14 anni, i cui genitori si vergognano di questa gravidanza indesiderata.
Satoko lascia il lavoro per occuparsi a tempo pieno del piccolo e vive un’esistenza finalmente serena in famiglia. Ma, sei anni dopo, una telefonata minaccia la felicità di Satoko. Una giovane donna, che si presenta come la madre biologica di Asato, vuole indietro il figlio o dei soldi. Un giorno, mentre Asato è a scuola, Satoko riceve la visita di questa donna, che non somiglia alla timida adolescente in lacrime che aveva dato alla luce il suo figlio adottivo.
Satoko sente istintivamente che lei non è Hikari. Ma sarà proprio questa la verità?
Recensione
Qual è la vera maternità? Quella biologica o quella di chi i figli li cresce? È questo l’interrogativo che sottende True mothers, film scritto e diretto dalla giapponese Naomi Kawase (Suzaku, Le ricette della signora Toku), basato sul romanzo di Mizuki Tsujimura. La regista non sembra scegliere un’unica risposta, infatti l’opera è divisa in due metà speculari.
Nella prima vediamo l’attesa e la delusione della protagonista e del marito, che vorrebbero tanto coronare il loro amore dando vita a un figlio. E, quando finalmente arriva, seppur adottivo, la famiglia trova quell’equilibrio perfetto che mancava.
La seconda parte del lungometraggio è, invece, dedicata alla giovanissima Hikari, al dolce primo amore che la mette incinta e poi diventa spietato addio, alla famiglia che si vergogna di avere una figlia ragazza madre e la affida alle cure dell’ente per le adozioni, pur di nascondere agli occhi della gente il suo pancione.
Nell’istituto conosce diverse ragazze nella sua stessa situazione, nascono belle amicizie, Hikari vive giorni finalmente sereni. Ma, con il parto, la sua vita è destinata a stravolgersi nuovamente e tornare a quella di prima come se niente fosse successo – come vorrebbe la sua famiglia – è davvero impossibile con quell’enorme peso sul cuore.
Allora la risposta sta nel mezzo, nell’amore di chi ha custodito la vita per nove mesi e in quello che si consuma tutti i giorni nella quotidianità. La regista rende tangibile questi amori con il suo sguardo delicato e un po’ romantico, che resta tale anche nei momenti di maggior sofferenza della storia.
Tra splendide inquadrature di Hiroshima, valorizzate dalla fotografia, Naomi Kawase solidarizza con entrambe le protagoniste del suo racconto, costruendo due personaggi femminili che difficilmente dimenticheremo.
Curiosità
La pellicola è stata scelta nel 2020 per rappresentare il Giappone ai Premi Oscar.